Una signora assistita a "Villa Santa Maria" (Montenero di Bisaccia, Campobasso) - Pino Ciociola
Attenti a nuovi corsi segnati da certe scelte e “selezioni”. Una preoccupazione per il (nostro) futuro che agita la Comunità di Sant’Egidio. E che ha mosso un appello partito dalla Comunità stessa. Mondiale, tradotto in diverse lingue e diffuso da oggi. Rivolto a tutti, cittadini e istituzioni. Perché l’emergenza coronavirus ha mostrato quanto sia necessario “un deciso cambiamento di mentalità che porti a nuove iniziative, sociali e sanitarie, nei confronti delle popolazioni anziane”. Cioè “Senza anziani non c’è futuro. Appello per ri-umanizzare le nostre società. No a una sanità selettiva”. E per sottoscriverlo basta andare sul sito www.santegidio.org.
Punto di partenza: “Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti Paesi europei come altrove. Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire”, annota la Comunità. Dunque “molto sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l’istituzionalizzazione”. Perciò “siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come “cultura dello scarto”: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello”. Col risultato che “in numerosi Paesi di fronte all’esigenza della cura sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una “sanità selettiva”, che considera residuale la vita degli anziani”.
Evidente, allora - si legge ancora nell’Appello della Comunità di Sant’Egidio - che “rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile”. E che lo sarebbe per chiunque: “Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica”. Non fosse perché “la tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione ‘legale’ del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona, rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo”.
Così “crediamo che sia necessario ribadire con forza i principi della parità di trattamento e del diritto universale alle cure, conquistati nel corso dei secoli. È ora di dedicare tutte le necessarie risorse alla salvaguardia del più gran numero di vite e umanizzare l’accesso alle cure per tutti. Il valore della vita rimanga uguale per tutti. Chi deprezza quella fragile e debole dei più anziani, si prepara a svalutarle tutte”.