lunedì 8 gennaio 2024
Per il nuovo sistema di assistenza domiciliare e residenziale alle persone in età avanzata il decreto attuativo della delega dovrebbe essere presentato in Consiglio dei ministri a fine mese
Anziani non autosufficienti: sperimentazione al via da marzo

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Inutile piangere ancora sul latte versato. O meglio, in questo caso, il latte “non stanziato”. Certo, la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti per partire davvero e cominciare ad essere da subito operativa, necessitava di un investimento iniziale di 1,3 miliardi di euro, come prima tranche di un costo complessivo a regime tra i 5 e i 7 miliardi. Nella manovra approvata gli ultimi giorni di dicembre, come abbiamo già scritto, questa previsione non ha trovato posto. Ciò non significa, però, che l’avvio della riforma debba essere rimandato in toto al 2025. Anzi, l’inizio di questo 2024 rappresenta il momento decisivo per l’impostazione concreta della “rivoluzione” per l’assistenza agli anziani. Tra gennaio e marzo, infatti, devono essere emanati i decreti attuativi della legge prevista dal Pnrr e approvata a marzo 2023.

I decreti attuativi

A coordinare è la viceministra al Lavoro Maria Teresa Bellucci che da domani riprenderà il giro dei ministeri interessati con l’obiettivo di portare il decreto delegato al Consiglio dei ministri di fine mese. In queste ultime settimane, secondo quanto trapela, sono state reperite «risorse adeguate» per avviare una «sperimentazione significativa» che dovrebbe partire a metà marzo. Ma occorrerà attendere ancora un paio di settimane e le ultime verifiche per valutarne consistenza, opportunità e qualità. Due, in ogni caso, sono le questioni fondamentali sul tavolo. Anzitutto, l’impostazione corretta dei decreti attuativi che tradurranno in norme operative gli obiettivi e le linee guida fissati dalla legge delega. Eventuali errori od omissioni in questa delicata fase potrebbero vanificare il lungo lavoro di elaborazione della riforma, costruita “dal basso” dal Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza (il cartello di 60 organizzazioni che, a vario titolo, si occupano di tutela, cura e rappresentanza degli anziani), in confronto serrato con ben tre Governi: Conte 2, Draghi e Meloni a cui va il merito di aver portato la legge delega (33/2023) all’approvazione del Parlamento, praticamente all’unanimità.

Le azioni già realizzabili

La seconda questione, non meno importante, è rappresentata dalla concreta realizzazione di tutte quelle iniziative che possono essere avviate senza dover impegnare risorse economiche aggiuntive. A cominciare dal riassetto della governance e in particolare dalla costruzione di un sistema unitario di assistenza, il Sistema Nazionale per la popolazione Anziana non Autosufficiente (Snaa) che rappresenta il “cuore” dell’intera riforma.

Questo è anche il primo dei 12 punti del Manifesto elaborato dal Patto per un nuovo welfare per sostenere l’avvio della riforma: l’introduzione dello Snaa «nel quale tutti i soggetti responsabili dell’assistenza ai diversi livelli – Stato, Regioni, Comuni – si coordinano e programmano insieme il complesso degli interventi necessari ai non autosufficienti». Certo, non si tratta di un’innovazione semplice, stante la difficoltà a superare gli ostacoli burocratici e le “gelosie” delle diverse competenze amministrative, ma è un passo fondamentale per costruire finalmente un’assistenza degna di questo nome. La seconda azione che può essere realizzata a “costo zero” è la nuova Valutazione della condizione di non autosufficienza «semplificando l’attuale pletora di valutazioni, troppe e non connesse tra loro – si legge nel manifesto del Patto -. Prevedendone solo due, una nazionale e una locale, poste in collegamento tra loro». Già da soli questi due riassetti potrebbero determinare un cambiamento significativo per l’assistenza agli anziani, evitando ai loro familiari il peso di visite inutili e il doversi districare fra diversi enti per ricevere risposte.

Nuova domiciliarità

Oggi infatti l’assistenza garantita è molto scarsa, divisa tra l’Adi (l’Assistenza domiciliare integrata, a carico delle Asl) che raggiunge il 6,2% degli anziani con una media di 18 ore complessive nell’arco di 2-3 mesi e il Sad (l’attuale Servizio di assistenza domiciliare, operato dai Comuni) che copre solo l’1,3% degli anziani. Per questo, insiste il Patto per il nuovo welfare occorre «dotare l’Italia di un servizio domiciliare specificamente progettato per la non autosufficienza, sinora assente. Un servizio fondato su durata degli interventi adeguata ai bisogni, molteplicità delle professioni coinvolte e unitarietà delle risposte di Comuni e Asl». Con l’obiettivo di poter offrire ai non autosufficienti il giusto mix di prestazioni che la loro condizione richiede, in termini di servizi medico-infermieristici, sostegno nelle attività fondamentali della vita quotidiana, ma anche affiancamento e supporto a familiari e badanti per un tempo adeguato.

Prestazione universale

Il manifesto del Patto elenca poi altri 9 campi d’intervento: dal rafforzamento dei servizi residenziali al riconoscimento del ruolo dei caregiver familiari. Ma particolarmente importante, in questa prima fase, sarebbe anche affermare concretamente il principio stabilito nella delega della maggiorazione dell’assegno di accompagnamento per gli anziani non autosufficienti, se speso per l’acquisto di servizi di assistenza certificati (badanti regolari, infermieri ecc.). Nel progetto elaborato dal Patto, sono previsti 4 livelli crescenti a seconda del bisogno, tutti superiori all’attuale livello di 527 euro e maggiorati per un 40% circa quando, appunto, utilizzati per pagare servizi certificati. In questo caso il costo di partenza preventivato era di poco superiore ai 300 milioni di euro, che peraltro sarebbe in parte compensato dall’emersione di rapporti oggi non regolari. Ma, limitandosi alla maggiorazione del solo livello base, l’impegno per le finanze pubbliche sarebbe probabilmente possibile anche nei limitatissimi spazi di manovra finanziaria per quest’anno. L’importante, insomma, è partire davvero con la riforma e farlo con il piede giusto. Cristiano Gori, coordinatore del Patto per un nuovo welfare ci crede: «La definizione dei decreti legislativi è un’operazione complessa, ma siamo fiduciosi che la viceministra Maria Teresa Bellucci, con la quale il confronto è stato finora costante e fruttuoso, e i suoi collaboratori potranno condurla in porto al meglio».

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