L’89% delle donne assistite sono migranti o rifugiate. E sono donne l’86% dei volontari impegnati nella tutela dei loro diritti e di quelli del bambino concepito. Bastano questi due dati, relativi alle attività svolte nel 2021 da Cav e Mpv associati a Federvita Lombardia, ad evocare stile, valore e impatto del loro servizio. Il primo dato dice del ruolo concreto, e prezioso, svolto dai Centri di aiuto alla vita lombardi sul versante dell’inclusione e integrazione delle madri straniere e dei loro figli. Il secondo conferma come la rete di Federvita si regga sulle donne, sul loro «volontariato di donne per le donne», come sottolinea la nota diffusa in occasione della 45ª Giornata per la vita.
I numeri della Lombardia. Ebbene: secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2021 i bambini aiutati a nascere sono stati 1.806 (che portano a 64.721 i bimbi nati dall’inizio dell’attività dei centri) e 4.439 le donne assistite (2.649 delle quali gestanti). Nell’89% dei casi, come detto, si tratta di donne migranti o rifugiate (nel 2020 le mamme straniere erano l’83%). Al loro servizio si sono messi all’opera 1.537 volontari – donne, quasi nove su dieci – che operano nei Cav (1.273) e nei Mpv (264), mentre sono 4.383 i soci delle realtà lombarde. La rete di Federvita Lombardia è costituita da 55 Cav (Centri di aiuto alla vita), 5 Cav-Mpv, due case d’accoglienza, 13 Mpv (sedi del Movimento per la vita) a cui si aggiungono 60 sedi distaccate (24 delle quali sono punti d’ascolto ospedalieri).
Che cosa fanno i Cav? L’elenco delle loro attività è molto articolato. Si va dalle iniziative orientate all’empowerment della donna madre (come il sostegno alla formazione, alla ricerca del lavoro o agli studi), al welfare per la gestante e madre, al sostegno alla genitorialità, al baby-sitting, all’insegnamento della lingua italiana. Non mancano inoltre l’offerta di alloggio (in case di accoglienza, in famiglie, in case messe a disposizione dai Cav), l’assistenza economica, le attività di inclusione, orientamento e cura specifiche per donne-madri migranti, rifugiate e per le loro famiglie. Né mancano l’assistenza sociale, psicologica, medica, legale, fino al counselling generale e per sindrome post traumatica da stress-post aborto. Il filo conduttore: offrire assistenza e cura al bambino concepito e alla donna, «in particolare la donna madre, che si trovi in una situazione di gravidanza difficile o non voluta – qualsiasi sia il motivo della difficoltà», spiega la nota di Federvita. E tutto questo si fa «grazie ai volontari, tra cui professionisti, senza contributi pubblici, ma sostenuti dalla beneficenza».
Contro esclusione e violenza. Innegabile l’impatto positivo sul «welfare della donna madre» generato dall’attività dei Cav, e la loro «leadership» nelle «attività e azioni per realizzare e promuovere inclusione ed integrazione delle donne madri migranti e rifugiate e dei loro bambini», ricordano in Federvita Lombardia. I Cav sono presidi preziosi anche su due altri, specifici versanti: «Evitare che vengano perpetrate odiose discriminazioni di genere molto diffuse sulle donne madri, e sui bambini/e concepiti»; «difendere la donna-madre dalle violenze fisiche e/o verbali o dalle pressioni che subisce e che la vogliono far abortire».
Fra Covid e denatalità. Ha curato la raccolta dei numeri 2021 Donata Magnoni, pediatra, responsabile Dati Cav per Federvita Lombardia nonché responsabile del Cav di Varese. «Hanno fornito dati 35 Cav su 55 pari al 65%, con un calo rispetto al 2020 del 19%. Poiché tra questi rientrano alcuni tra i Cav con un maggior numero di assistite, la percentuale riferita alle mamme assistite sale all’80% del totale delle mamme assistite», annota la dottoressa Magnoni. Il 2021, come il 2020, è stato segnato dalle limitazioni imposte dalle norme anti Covid-19: in questo scenario «tutti i Cav hanno adottato strumenti e metodologie efficaci consentendo la prosecuzione di quasi tutti i servizi erogati». Rispetto al 2020, il 2021 registra «un calo sia delle gestanti assistite che dei bambini nati pari al 21,7% , in parte riferibile alla curva di denatalità regionale».