Ansa/Paolo Gerace
Numeri in crescita, soprattutto tra i giovani. Differenziazioni regionali nell’accesso alle cure, nessuno standard nei processi assistenziali, cambiamenti importanti anche nei percorsi delle comunità terapeutiche. Tutte questioni che si prospettano come vere e proprie sfide per i prossimi anni. Per questo al ministero della Salute è stato appena istituito un tavolo tecnico permanente sul tema dell’alcol. Un «luogo operativo» lo definisce il sottosegretario alla Salute Andrea Costa in chiusura, ieri, della tre giorni di Conferenza nazionale sull’alcol, che servirà a mettere insieme «tutti gli attori coinvolti», per dare «concretezza», «fare sintesi» e «dare continuità» agli stimoli arrivati dai territori. Proprio a partire dai territori infatti, ricorda Costa, occorre «fare sistema, fare squadra» per questo la sua proposta per i prossimi mesi è appunto «organizzare momenti di riflessione in ogni Regione».
Il quadro di partenza è quello emerso dalla Relazione annuale appena trasmessa dal ministero della Salute al Parlamento. Un’analisi da cui si evince che nell’anno della pandemia in Italia sono 8,6 milioni i consumatori di alcol a rischio, in aumento rispetto al 2019 sia per quanto riguarda gli uomini (+6,6%) che le donne (+5,3%). Di questi quasi 800mila sono minori. Ad aumentare sono anche le “abbuffate alcoliche”, che nel 2020 hanno riguardato il 18% dei giovani, un numero in crescita. Sempre nell’anno dell’emergenza Covid, sono stati 3mila i ricoveri in Pronto soccorso per abuso di alcol solo tra gli under 18. «C’è un consumo significativo tra i giovani e c’è un aumento del consumo fuori dai pasti. Gli ultimi due anni che abbiamo vissuto possono aver influito», ha detto infatti il ministro della Salute Roberto Speranza intervenendo alla Conferenza nazionale alcol, aggiungendo che «è particolarmente importante un lavoro interministeriale su questa materia, perché abbiamo a che fare con un tema delicato e una parte di esso è connesso alle giovani generazioni».
Giovani generazioni che dalle ultime analisi mostrano nuove tendenze di consumo. Come i ragazzi tra i 15 e i 19 anni, spiega la ricercatrice del Cnr-Ifc Sabrina Molinaro, che «fanno uso di alcol almeno una volta al mese», soprattutto facendo binge drinking, cioè bevendo fino ad ubriacarsi. Il quadro insomma è cambiato e bisogna capire anche come adeguare i percorsi di accompagnamento, visto che dall’ultima conferenza nazionale alcol sono passati quattordici anni. Nel 2019, ad esempio, il fenomeno riguardava il 16% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età mentre nel 2020 ha interessato il 18,4% dei giovani sempre in quella fascia d’età. Questo si traduce, a volte, in vere e proprie intossicazioni: in Italia nel 2020 si sono registrati difatti 29.362 accessi al Pronto soccorso per diagnosi totalmente attribuibili all’alcol, di cui 3.100 erano minori.
Ma è altrettanto vero, come ricorda il presidente di Federserd (Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze) Guido Falliace, che «anche per la scarsa attrattiva dei servizi, solo una percentuale minima arriva a questi sportelli, con grandi differenze regionali». Nel 2020 infatti sono state oltre 64.500 le persone alcoldipendenti prese in carico dai servizi sanitari, osserva il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, ma «si stima che solo un terzo delle persone con problemi correlati all’alcol vengono intercettati dai servizi per le dipendenze. Occorre aumentare l’offerta di interventi finalizzati alla individuazione precoce e integrarli».
A partire dal fatto, secondo il coordinatore dei progetti relativi alla legge 125/2001 Giovanni Greco, che bisogna prendere coscienza che «l’alcologia è cambiata, c’è una disparità di accesso alle cure, c’è assenza di standardizzazione e una differenziazione territoriale dei processi assistenziali. Per questo servono nuove linee di indirizzo nazionali e regionali», un primo compito che il nuovo tavolo consultivo al ministero dovrà affrontare.