Un'ambulanza vicino all'Istituto di cura e riabilitazione Divina provvidenza di Alessandria - Ansa
Avrebbe voluto essere un «pacato gentiluomo» e, invece, è diventato l’assassino della sua famiglia. Nessuno potrà mai sapere che cosa è passato, questa mattina, nella testa di Martino Benzi, 67 anni, ingegnere informatico di Alessandria, che ha prima ucciso a coltellate la moglie Monica Berta, 55 anni e il figlio Matteo di 17, poi si è ripulito e cambiato d’abito e ha raggiunto la casa di riposo delle Suore della Divina Provvidenza e, con la stessa arma, ha colpito a morte la suocera Carla Schiffo di 78 anni. Quindi si è tolto la vita, mettendo fine alla mattinata di terrore che ha sconvolto la cittadina piemontese.
«Andate a casa e troverete il cadavere di mia moglie e di mio figlio», aveva scritto in un biglietto trovatogli addosso dagli inquirenti. Che, dopo avere verificato l’assenza della moglie dal lavoro e del ragazzo da scuola, sono entrati nell’abitazione di via Cesare Lombroso, scoprendo gli altri due cadaveri.
La strage ha gettato nello sgomento la comunità delle suore che gestisce la Rsa. La Superiora Provinciale, suor Natalina Rognoni, ha diffuso una nota in cui le religiose «desiderano esprimere profondo dolore per la tragedia Il gesto estremo, violento e inspiegabile – aggiunge la superiora – avvenuto nel nostro giardino ci ha tutte lasciate sgomente e senza parole. Mentre esprimiamo massima vicinanza e le condoglianze più sincere alla famiglia dei deceduti così profondamente colpita, assicuriamo le nostre preghiere di suffragio e, per quanto di nostra competenza, la totale collaborazione alle Forze dell’Ordine e all’Autorità Giudiziaria affinché si possa fare presto piena luce su questa dolorosa vicenda».
«In attesa di chiarire la dinamica dei fatti e, soprattutto, le ragioni profonde che hanno portato a questa tragedia, l’Amministrazione comunale si stringe attorno ai familiari, alle amiche e agli amici delle vittime e alle compagne e ai compagni di scuola di Matteo», scrive il sindaco Giorgio Abonante, vicino anche alle Piccole Suore della Divina Provvidenza.
Non sarà facile, per gli investigatori, fare luce sulle ragioni del terribile gesto compiuto dal consulente informatico, titolare di uno studio professionale per la progettazione e realizzazione di siti web. Qualche indizio sulla personalità di Benzi è ricavabile dal suo blog, il cui ultimo post risale, però, a oltre dieci anni fa. «Sono uno che si è deciso a fare un figlio a cinquant’anni, età in cui qualche mio compagno di scuola diventava nonno». Così si presentava Benzi «a quei quattro lettori che bazzicano qui». Un blog dove teneva insieme genetica ed educazione, divulgazione scientifica e matematica creativa e favole per bambini. Aveva cominciato anche a scrivere «romanzi per ragazzi», che «ben difficilmente saranno pronti prima che il pargolo vada al liceo e, forse, allora, non gli piaceranno nemmeno un po’». Niente politica nel blog di Benzi. «Sono convito – scriveva – che le mie opinioni finirebbero con l’essere espresse con eccessiva energia e c’è già troppa gente che urla sul web». Alla fine, però, non è più riuscito a gestire la rabbia che covava dentro, mista a un senso di inadeguatezza che emerge da alcuni post. Come quando commenta il «lavoro di altri, molto ma molto più bravi di me. Roba da crepare d’invidia».
Un tarlo che gli ha avvelenato la vita e che, alla fine, non è più riuscito a gestire. Non ce l’ha fatta, Benzi, a «pensare tre volte» - come faceva quando si sedeva al computer a scrivere - prima di scagliarsi contro la propria famiglia.
Una tragedia cui gli amici e colleghi della moglie, impiegata da anni in una storica gioielleria, faticano a credere. Sui social ricordano la «donna forte», capace di sconfiggere la malattia e tornare al lavoro, riprendendo una vita normale. Nulla, sottolinea chi conosceva Monica Berta, poteva far immaginare che cosa è poi successo ieri mattina ad Alessandria.
Un episodio non isolato, visto che, negli ultimi dieci anni, si sono contati almeno 137 casi simili in Italia. A tenere la tragica contabilità è il professor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia. «Sono quasi sempre gli uomini a compiere le stragi, i dati ci dicono che il rapporto è sempre 9 a 1 rispetto alle donne – aggiunge Mencacci –. Quando le donne fanno delle stragi sono inoltre sempre più legate a una dimensione di protezione o amore filiale».
Alla base del gesto dell’ingegnere piemontese ci potrebbe essere anche, dunque, una profonda depressione. «Senza conoscere a fondo la dinamica familiare è difficile dire molto – interviene il professor Enrico Zanalda, presidente della Società italiana di psichiatria forense –. Premesso questo, però, di solito situazioni come questa sono legate a una grave patologia mentale da parte di chi commette l’atto. Almeno una forma transitoria».