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Lo sbarco dei migranti a bordo della nave Cassiopea nei giorni scorsi sulle coste albanesi, accompagnati nei centri dal personale di polizia - Ansa
Torneranno in Italia già nella notte tutti i 43 migranti trattenuti in Albania. I giudici della Corte d’appello di Roma hanno deciso di sospendere il giudizio e non hanno convalidato il trattenimento nella struttura albanese. Così come prevede l’Accordo Italia-Albania, i migranti, dovranno quindi essere liberati ma non possono di fatto rimanere sul territorio albanese. Devono tornare in Italia. I giudici di Roma hanno preferito sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte di giustizia europea, il prossimo 25 febbraio. Si è ripetuto quindi quanto già successo a novembre, con il secondo trasferimento dei migranti in Albania.
Venti minuti di colloquio in videoconferenza, a distanza, con i magistrati della Corte d’appello di Roma. Sono stati giudicati così, caso per caso, i 43 migranti trattenuti nel centro di Gjader e ai quali era già stato negato di fatto l’asilo internazionale. Alcuni di loro avevano anche iniziato lo sciopero della fame già sulla nave della marina militare, la Cassiopea, quando hanno saputo del trasferimento in Albania.
Sono sempre egiziani e bengalesi, le stesse nazionalità dei precedenti casi . Nel primo, ad ottobre, infatti i magistrati della Sezione Immigrazione del Tribunale di Roma non hanno convalidato il fermo amministrativo di 12 richiedenti asilo bengalesi ed egiziani per l’impossibilità a definire Paese sicuro Egitto e Bangladesh. Nel secondo caso , a novembre, invece, sempre gli stessi magistrati, come questa volta, hanno sospeso il giudizio per sette stranieri (sempre egiziani e bengalesi) in attesa della pronuncia della Corte di giustizia europea. Sul tavolo c’è la definizione di “Paesi sicuri”. Un tema al centro del dibattito europeo sull’accoglienza dei migranti su cui la Corte di giustizia dell’Unione europea sarà chiamata a pronunciarsi per rispondere agli interrogativi di carattere giuridico e umanitario. Nel frattempo però in base alla nuova normativa voluta dal governo, a pronunciarsi quest’ultima volta non sono stati più i giudici della sezione immigrazione ma i giudici della Corte d’appello di Roma. Un cambio che di fatto, però, secondo alcuni esperti giuristi, non ha ovviamente modificato la procedura del diritto d’asilo ma, soprattutto, sarebbero stati gli stessi giudici della sezione Immigrazione - trasferiti alla Corte d’appello per carenza d’organico - a giudicare anche in questo caso gli ultimi trasferimenti. «Giorgia Meloni si rassegni, i centri in Albania non funzionano e non funzioneranno, sono un clamoroso fallimento» ha commentato la segretaria Pd Elly Schlein. Anche M5s e Avs puntano il dito contro «l’ennesima figuraccia del governo Meloni». «L’unica costante (in tema migrazione, ndr) sono i fallimenti del governo di FdI, Lega e FI che si ostinano a non voler rispettare la Costituzione e le regole europee» attaccano i capigruppo del M5s Alfonso Colucci e Alessandra Maiorino. «La strategia del governo è in crisi» sottolineano i delegati del Tavolo asilo e immigrazione.
«Tutti salvi»: esultano i rappresentanti del Tavolo asilo e immigrazione. «L’operazione si rivela, ancora una volta, fallimentare e insostenibile dal punto di vista giuridico. Dopo tre tentativi, il modello Albania mostra tutte le sue contraddizioni e la sua incompatibilità con i diritti fondamentali. Questa vicenda dimostra che il diritto non può essere piegato a logiche politiche e propagandistiche. Il governo prenda atto del fallimento – sottolineano i rappresentanti del Tavolo – e abbandoni definitivamente questo esperimento illegittimo, che non solo è insostenibile, ma anche profondamente lesivo dei principi fondamentali».
Intanto rimane sempre più incerto il futuro dei migranti. Fra i 43 trattenuti a Gjader c’è anche Hassan (il nome è di fantasia): ha ancora negli occhi tutto quello che ha subito ma anche la paura di un domani ancora troppo in bilico. È stanco, disperato e rassegnato. «Non avrei mai rischiato la vita e accumulato debiti se avessi saputo che mi sarei ritrovato in Albania». Hassan è egiziano, ha 33 anni. Ha lasciato moglie e i figli per cercare un futuro migliore in Libia. Ma ha trovato l’inferno. È stato rinchiuso a Zwara dove è stato torturato per indurre la famiglia a pagare 5.000 dinari libici (circa 1.000 euro). Ma una volta fuori, la sua condizione non è migliorata e così non gli è rimasto che attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. È salito su un’imbarcazione con altre 48 persone. Ma a metà viaggio l’imbarcazione è stata intercettata dalla guardia costiera italiana. Tutti i passeggeri sono stati identificati e quelli privi di documenti, tra cui lui e altri sei, sono stati trasferiti su una nave e portati in Albania. «Solo il giorno dopo, le autorità ci hanno spiegato la procedura. Non avrei mai rischiato la vita e accumulato debiti se avessi saputo che mi sarei ritrovato in Albania».
I due precedenti
Anche i precedenti trasferimenti di migranti in Albania organizzati dal governo - ad ottobre e a novembre scorsi - sono stati vanificati dalle decisioni dei magistrati della sezione immigrazione del tribunale di Roma, che non ha convalidato i trattenimenti disposti dalla questura della Capitale. La prima pronuncia risale al 18 ottobre ed ha riguardato 12 richiedenti asilo bengalesi ed egiziani portati nel centro di Gjader. I giudici, si legge nelle ordinanze simili tra loro, hanno negato la convalida dei trattenimenti per «l'impossibilità di riconoscere come Paesi sicuri gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell'inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia».
La seconda decisione è dell'11 novembre. Questa sono stati 7 gli stranieri coinvolti sempre egiziani e bengalesi. Rispetto al primo caso, il governo aveva nel frattempo emanato un decreto per definire la nuova lista di Paesi sicuri. Il provvedimento non è tuttavia servito ad evitare un esito diverso del giudizio. I magistrati hanno infatti sospeso il giudizio sulla convalida del trattenimento rimettendo tutto nelle mani della Corte di giustizia europea. Ma la sostanza non è cambiata: i richiedenti asilo sono stati liberati. Nello stesso tempo, i giudici hanno chiesto alla Corte di Lussemburgo chiarimenti sulla compatibilità, definita «dubbia», del decreto del governo con le norme europee. Il 25 febbraio è attesa la pronuncia su questa materia da parte dell'organismo Ue.