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Uomini contenti

Marina Corradi martedì 22 gennaio 2013
Amazzonia, 1992 - La foresta è splendida e terribile. Buia, tanto densa è la vegetazione; e nella penombra fruscii di animali nascosti, corolle spalancate come bocche voraci, grida acute, stridule, di uccelli. In questo lembo di Amazzonia tre missionari italiani vivono con la tribù degli indios Yanomami. Io sono qui con monsignor Ersilio Tonini, che vuole aiutare questo piccolo popolo minacciato di estinzione. Gli Yanomami vanno per la foresta seminudi; a tratti con l'arco scagliano una freccia che, precisa e inesorabile, ricade a terra con una preda trafitta.Si dorme in amaca, si mangia alligatore bollito, c'è un'afa opprimente e insetti dappertutto. Tuttavia a sera, a tavola, alla fioca luce delle candele, i missionari sembrano uomini contenti. Le facce in pace, ridono volentieri, e non si lamentano di niente. E tu pensi - appena ieri - alla gente in via Montenapoleone, o fuori dalla Scala. Eppure, ti ripeti stupita, questi tre sembrano molto più contenti.L'indomani, per strada, si arriva a un ponte di legno sospeso su un fiume limaccioso. Uno dei tre saggia la robustezza dell'assito, alza le spalle: «Se Dio vuole, tiene». La jeep passa, in un gemere di vecchi legni. (Quei tre, rimugini maravigliata, non sembravano nemmeno preoccupati. Tranquilli, invece: «Se Dio vuole, tiene»).