Specifici
«Quanto più si è specifici, tanto più si è generali» insegnava la fotografa Lisette Model. Austriaca, da Parigi nel 1937 era arrivata a New York con il marito pittore, presto dimostrandosi talentuosissima nel carpire attimi, fuggevoli incanti o rapide miserie: scatti metropolitani rubati. Raccontare con gli occhi le era naturale quanto il concentrarsi su dettagli.Profili scontornati su sfondi sfocati a dire concitazione, rutilante vita delle strade. Volti in polistirolo di manichini nelle vetrine, rifrangersi di luci, moltiplicato parlarsi di lastre specchiate, grattacieli riflessi in pozzanghere. L’estro e il genio della “street life” di Lisette Model fu oggetto dei suoi corsi di insegnamento, Diane Arbus l’allieva più nota. Una lezione di sguardo nitida, imperativa.Spronava a concentrarsi su particolari minimi, solo attraverso quelli narrare. Sia il difetto di un viso, l’obesità di un corpo, la smorfia compita e grottesca di un’anziana signora dietro la veletta del cappello. Mai ombra di scherno: un’obiettività tratta dalla deliberata fuggevolezza del guardare, carpire, scattare, scappar via. Il padre di Lisette Model era austro-italiano, sulle rive del lago Maggiore per lei i primi scatti, dettagliati, lei precocissima nell’aver capito che essere specifici è tutto.