Non sempre i titoli di una serie tv sono così espliciti come MotherFatherSon nell’annunciare, anche graficamente, il contenuto della storia e il genere in cui s’inserisce. MotherFatherSon (MadrePadreFiglio) è scritto tutto attaccato, con le iniziali maiuscole, e le parole incrinate a metà. Ma prima ancora dei titoli di testa assistiamo all’intercettazione della telefonata disperata di una madre che invoca il ritorno a casa della propria figlia. Dopo i titoli, vediamo due diverse prime pagine di tabloid inglesi: in una si annuncia che «Il primo ministro potrebbe indire l’elezioni», nell’altra si dice che «La giovane Tonia è ancora introvabile». Tutto chiaro: ci aspetta una serie sui difficili rapporti tra un marito e una moglie e tra loro e il proprio figlio, un cosiddetto family drama attorno al quale ruotano questioni politiche e di potere, ma anche vicende da thriller. In effetti, MotherFatherSon (da lunedì alle 21.15 su Sky Atlantic per quattro serate e otto episodi disponibili anche On Demand e in streaming su Now Tv) racconta di Max Finch, glaciale, spietato e ricchissimo magnate della stampa, capace di determinare l’elezione di un primo ministro, separato dalla moglie Kathryn aspirante scrittrice che a causa sua («I miei giornali non sono l’ancora di salvezza delle mogli insoddisfatte») si è rifugiata nell’alcol e nella droga, con un figlio, Caden, a sua volta segretamente tossicodipendente, a cui dovrebbe lasciare la guida dell’impero mediatico. Ma è proprio un malore di Caden, con una conseguente delicata operazione al cervello, a rimettere tutto in discussione. E mentre in parallelo si svolge l’indagine giornalistica sulla misteriosa scomparsa della ragazza, marito e moglie rivivono attraverso flashback il loro tormentato matrimonio con i riflessi negativi sulla crescita e la psicologia del figlio. Gli elementi d’interesse per una serie tv ci sono tutti: potere, ambizione, ricchezza, ma anche ricerca della felicità, bisogno d’amore, senso della paternità e della maternità, oltre al ritorno in televisione di Richard Gere dopo quasi trent’anni e alle firme di Tom Rob Smith e della Bbc. Non mancano però scene inutilmente esplicite e forti soprattutto nel finale di ogni puntata.