Penso a quel personaggio della parabola di Gesù che, intimorito, nasconde il suo talento sotterra. Rende così inutilizzato il dono ricevuto e lo fa, in massima parte, a motivo dell'immagine che si è fatto del suo signore. Dice: «Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra» (Mt 25,24-25). Lo paralizza una fondamentale carenza di fiducia. La sua immagine di Dio è quella di un'autorità implacabile, senza amore, e questo lo atrofizza. La sua è una paralisi interiore che determina incapacità a rischiare, a vivere, a slanciarsi nell'avventura dell'esistenza. Preferisce starsene fuori, da spettatore. Si autoriduce così a essere inservibile, per non aver saputo interpretare correttamente la dinamica del dono. Nei suoi Pensieri, Pascal fa l'apologia della vita credente come scommessa, e scrive che la nostra drammatica imprudenza sta nel non scommettere. Per questo ti prego, Signore: dai alla mia vita la speranza del seminatore, il quale conta più sulla potenzialità del seme che non sul catalogo degli ostacoli che possono impedirne la geminazione; dammi lo slancio di quanti si mettono per strada fiduciosi più del cammino che della sicurezza che serbano nella bisaccia; insegnami che cosa significhi credere senza avere visto (Gv 20,28).