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La letteratura come un dinosauro: sezionata dagli addetti ma non letta

Alfonso Berardinelli sabato 12 febbraio 2011
Mentre riflettevo svogliatamente sulla sorte futura della critica e degli studi letterari, mi sono addormentato per alcuni minuti e ho avuto una visione. Tanti, tantissimi erano gli addetti alla letteratura, ma non sapevano più che farci. La letteratura, come i dinosauri, appariva ai loro occhi come un'enorme animale estinto. Intorno a quel povero corpo inanimato e incomprensibile, gli addetti si aggiravano con avidità e circospezione. Su tutte le loro fronti si poteva leggere lo stesso interrogativo: che cosa farci? Come usare, sfruttare, commercializzare, mettere a profitto tutta quella materia, che fu vivente? Bisognava sezionare la gigantesca carcassa, farla a pezzi, se possibile pezzi piccoli, nei quali il corpo intero non fosse riconoscibile. Si sarebbero messi insieme, analiticamente, da una parte l'epidermide, le unghie, i peli, dall'altro le ossa, le diverse parti dello scheletro: infine i diversi organi vitali.
Gli addetti si dividevano in gruppi ai quali erano assegnati compiti speciali. Quanti erano i denti? Quale superficie aveva la pelle? " Dio mio, ma questo è un incubo, mi sono detto svegliandomi. Possibile che lo studio letterario si converta in paleontologia? Ma mi sono rassicurato: con la letteratura questo non potrà succedere, perché la letteratura esiste solo se viene letta. Già. Ma cosa garantisce che si continueranno a leggere lOrlando furioso e I Promessi Sposi, le Operette morali e I Malavoglia? Leggere? Perché? Ignorare, se si può, o studiare, se si deve. Ecco di nuovo davanti ai miei occhi l'incubo degli addetti, così indifferenti, così solerti. I quali non perdono tempo a leggere, loro studiano: quanti aggettivi, nomi, verbi ci sono in un poema? In quali città sono vissuti i personaggi dei romanzi? A che età si sono sposati? Eccetera.
Quanto più morta la letteratura, tanto più fervido lo studio e attivi i gruppi di lavoro.