Wikichiesa. I più frequenti “perché” su Dio lanciati sui motori di ricerca
Buona l’idea di digitare su Google « Perché Dio...» e aspettare che la funzione di completamento automatico ci faccia vedere quali “perché” riguardo a Dio ricorrono con più frequenza sul maggiore dei motori di ricerca. È venuta a padre Jim McDermott, gesuita della redazione di “America” ( bit.ly/3KuEyBi ); dice di averci provato « per capriccio» e poi, dal momento che al terzo posto tra le ricerche degli utenti anglofoni figura « Perché Dio mi odia?», ne trae il pretesto per una lettera aperta volta a confortare i tanti che, purtroppo, si sentono odiati da Dio. Ma dal punto di vista delle interconnessioni tra fede, vita e ambiente digitale ho trovato ben più ricco di spunti il post che, partendo dall’idea di McDermott, ha redatto Michele Varisco sul suo blog “Caffestoria” ( bit.ly/3YTWt8S ). « Numerose sono le domande attinenti alla teologia e alla Sacra Scrittura», annota per prima cosa Varisco. L’aggiunta di un pronome riflessivo – “mi”, “ci” – alla stringa di partenza fa del risultato «una fotografia del nostro tempo», con una serie di domande dolorose che rimandano alla teodicea; di esse « Perché Dio mi odia» rappresenta «l’urlo più amaro». L’autore ha provato anche a digitare: « Perché Gesù...», rispetto al quale il completamento automatico propone, fra le più frequenti, domande meno conflittuali: e anche questo dato meriterebbe seri approfondimenti.
Tornando alla ricerca su Dio, riproposta in altre lingue ha confermato che gli utenti ispanofoni e francofoni, oltre a quelli anglofoni già testati da “America”, coltivano su Dio «dubbi del tutto simili» a quelli italofoni. Se «in passato l’uomo ha affidato le ansie sulla propria esistenza a uno sguardo al cielo notturno o al volo degli uccelli, oggi la ricerca passa – letteralmente – attraverso una tastiera», commenta Varisco. Che ha anche ottenuto da Stable Diffusion 2 (sistema di intelligenza artificiale in grado di generare immagini secondo l’input dato dall’utente ) di tradurre « Perché Dio mi odia?» in un ritratto di donna inquietante, «un misto di violenza, solitudine e disperato bisogno di senso». La conclusione del post interpella, indirettamente, la comunità credente e i suoi missionari online: « Difficile comprendere come si potrà passare, per tramite di un’individuale via digitale, dal dubbio alle certezze che salvano».