Non è solo la coincidenza della data a suggerire di commentare in parallelo due eventi, accaduti la scorsa domenica 20 ottobre, che riguardano l’infosfera ecclesiale. Il primo è la «chiusura» del Sinodo digitale: così, sul sito dell’Observatorio latinoamericano de la sinodalidad (shorturl.at/MJs6H), Luis Miguel Modino ha definito il momento di preghiera online guidato, nella Cappella Clementina in San Pietro, da Luis Marín De San Martín (Segreteria generale del Sinodo) e Lucio Ruiz (Dicastero per la comunicazione), con Paolo Ruffini nella doppia veste di presidente della Commissione per l’informazione del Sinodo e di prefetto del Dicastero, al quale si sono collegati i missionari digitali di oltre 50 Paesi (ne ha riferito Vatican News shorturl.at/T1Hf6). Hanno celebrato così la fine dell’impegno, assunto oltre due anni fa, di interrogare e poi accompagnare i propri follower sulle tematiche sinodali (in questa rubrica ne ho dato ripetutamente conto); dieci di loro hanno anche risposto alla domanda: «Quando sei andato in missione sulle Reti, cosa hai trovato?». Tra i testimoni fisicamente presenti, le due figure che stanno partecipando al Sinodo a motivo della loro esperienza di evangelizzazione online: suor Xiskya Valladares e José Manuel de Urquidi. L’una è diventata un nome familiare quando si parla di questi temi; dell’altro ho appena presentato il ritratto nella rubrica online “Missionari digitali” (shorturl.at/JqDtO).
Rischi della sovraesposizione mediatica
Il secondo evento è l’annuncio dato online da Matthieu Jasseron: «Mi ritiro dal sacerdozio». 40 anni, prete dal 2019, era in servizio fino a tre mesi fa presso una parrocchia di Joigny (diocesi di Sens-Auxerre), ma è più noto per il milione di follower su TikTok ottenuti dal 2020 al 2023. Una popolarità che l’aveva portato anche a incorrere (in particolare nel 2021) in qualche tensione con il suo vescovo e infine, a dicembre del 2023, a decidere di abbandonare i social network. In questa rubrica ne avevo raccontato qui shorturl.at/3zFi7 e poi qui shorturl.at/7OEKX. Le sue parole descrivevano da un lato un ripensamento sulla corrispondenza tra l’attività online e la vocazione presbiterale, e dall’altro la consapevolezza dei rischi che la sovraesposizione mediatica comporta. Ora, sul canale YouTube dove negli ultimi mesi erano comparsi solo video di omelie, c’è quello di 45 minuti che spiega la decisione di lasciare il ministero (www.youtube.com/watch?v=c5OE6yroqjA). Intitolato «“Coming out spirituale”: vi dico tutto sul perché restituisco la tonaca» è già oltre le 200mila visualizzazioni; nella sezione dei “brevi” vi sono degli spezzoni, mentre nell’intestazione del canale la parola “père”, padre, ora precede tra parentesi il nome e il cognome. Ascoltandolo nel video e leggendo i molti commenti dei media francesi, quella di Jasseron non pare una crisi nella fede ma nei rapporti ecclesiali: la sua «sintonia con la Chiesa istituzionale», dice, non è più sufficiente a farlo restare «uno dei suoi funzionari religiosi».
Modi e linguaggi della missione digitale
Il prosieguo del “coming out spirituale”, nel corso del quale Jassiron appare assai provato – pur con qualche sorriso –, insiste sui problemi da lui riscontrati nei confronti della gerarchia, anche se in mezzo a «confusioni e contraddizioni», secondo l’inchiesta firmata da Matthieu Lasserre e Héloïse de Neuville su “La Croix” (shorturl.at/jknWD). Intervistato da “RCF Radio” (shorturl.at/Rhi00), il sociologo Josselin Tricou paragona questa «automediatizzazione» dell’abbandono del sacerdozio ai confratelli che solitamente scelgono, in questi momenti, il silenzio: «Il vescovo lo ha saputo tramite Internet». Anche se Jasseron non pone esplicitamente questo tema, se non in riferimento a un suo libro che uscirà fra tre giorni, è abbastanza chiaro che il suo percorso di popolarità digitale ha messo in crisi quello ministeriale. Solo così si spiegano i due “abbandoni”, prima dei social e poi del sacerdozio, nel giro di pochi mesi. Torna in mente l’interrogativo avanzato dal suo vescovo nel 2021, quando si era chiesto pubblicamente se non servisse un mandato per i preti online, ipotizzando che un’«opera pastorale» come questa andasse sostenuta e qualificata dalle istituzioni ecclesiali. Della possibilità di un tale mandato si è fatto esplicitamente portavoce il Sinodo digitale appena “chiuso” e il brand “La Chiesa ti ascolta” che ne proseguirà il cammino. Si occuperà anche di questo il Gruppo di studio che, su mandato di papa Francesco, sta lavorando sui modi e sui linguaggi della missione digitale.
© riproduzione riservata