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Circa il canto

Erri De Luca giovedì 22 agosto 2024
Una volta i minatori portavano i canarini nelle gallerie. Non per sottofondo musicale: per indicatore di allarme. Se smettevano il cinguettio c’era fuga di gas. Si vuole che il canto sia libero. Più spesso non lo è. Gli schiavi deportati dall’Africa nelle piantagioni di cotone in America usavano il canto corale per dare ritmo regolare al lavoro e sopportarlo meglio. Nei lutti, nelle nozze, nelle feste, nelle processioni, nelle schiere militari, nelle lotte politiche il canto è strumento che intensifica la condivisione. Da bambino sentivo salire dal cantiere vicino la voce cantante di un operaio. Tra i rumori delle lavorazioni, nel cerchio della polvere s’alzava la strofa musicale esclamativa. Non era allegria, né spensieratezza, ho saputo e capito più tardi, quando è toccato a me. Era sfogo del corpo che sfruttava le corde vocali per dare un ritmo alla respirazione. Il corpo è uno strumento ad accordatura. Mi capita ancora d’intonare qualcosa mentre sto facendo qualcosa di manuale. Considero benefiche le espressioni e le manifestazioni canore, escluse quelle competitive. Nel rumore meccanico della grande officina mi saliva in gola, in sordina e a contrasto, un contrappunto musicale. Avevo l’impressione di mettere un mio ordine in quel marasma di frastuoni. Mi teneva compagnia, non era libero, ma misteriosamente mi affrancava. © riproduzione riservata