La bravura e la versatilità di Alessandro Cattelan sono fuori discussione. Pochi come lui si muovono in televisione con disinvoltura e padronanza del mezzo, sia dietro a una scrivania come in E poi c'è Cattelan, sia al centro della scena come in X Factor o in Da grande. Gli esiti finali però non sono sempre uguali. Ad esempio l'atteso debutto l'anno scorso su Rai 1 non è andato come previsto. Il successo ottenuto su Sky non si è ripetuto. Lui stesso ha funzionato meno. Adesso il quarantunenne conduttore piemontese sta provando la via della piattaforma on line con una serie piuttosto particolare su Netflix: Una semplice domanda. Il pretesto è appunto la domanda della figlia di nove anni: «Papà, come si fa ad essere felici?». Per cercare di rispondere, Cattelan inscena sei episodi. Lo chiarisce sin dall'inizio: «Quello che vedete sfiora la perfezione, tutto è così bello perché è una ricostruzione». Insomma, non è un docu-reality, ma uno show, più precisamente un one man show con lui sempre al centro. Questo fa sì che i sei episodi, sia pure tutti con qualcosa di divertente, non risultino ugualmente efficaci. Funzionano meglio quelli in cui il conduttore lascia un po' di spazio agli altri, ad esempio nel caso dei due calciatori, Baggio e Vialli. Molto toccante soprattutto l'incontro con quest'ultimo che parla esplicitamente della sua malattia, il cancro, del poco tempo che potrebbe rimanergli e di come sfruttarlo al meglio per sé e per la famiglia («La morte serve per capire e apprezzare la vita»). Vialli dimostra che ci può essere felicità nel dolore, anche perché «se non sei mai triste come fai a capire quant'è bello essere felici». Un episodio, questo, che se non altro fa anche dimenticare il precedente 4 religioni parodia dei 4 ristoranti di un altro Alessandro (Borghese).