Assegno per famiglie numerose, spetta anche col permesso di lavoro
Tra le maglie della legge 448 del 1998, che ha istituito l'assegno comunale, la Corte d'Appello di Genova (con la recente sentenza n. 498/2017) ha individuato una lacuna, segnalandola per il suo rilievo anche alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Il giudice di Genova ricorda che secondo la Corte di Bruxelles il sussidio, anche se è previsto da una norma nazionale, deve essere considerato fra le prestazioni di sicurezza sociale regolate dalle norme dell'Unione a favore di tutti i cittadini comunitari. Dal momento che in Italia è previsto l'assegno per i soli cittadini di un paese extraUe in possesso di un permesso di soggiorno, e non a quelli con "permesso unico per lavoro", la legge italiana viola il principio di parità sancito dalle stesse direttive europee. Un principio - ribadiscono i giudici - "chiaro, preciso, incondizionato" che deve essere applicato direttamente dalle pubbliche amministrazioni. La violazione di questo principio (nel caso, il rigetto del Comune di Genova di una domanda di assegno) costituisce atto di discriminazione censurabile dal giudice.
L'Inps si è sempre dichiarato estraneo sull'attribuzione dei sussidi, perché la legge assegna esclusivamente al Comune la potestà di concederli (o di revocarli) e all'Inps la funzione di ente pagatore, anche quando i dispositivi di pagamento appaiono non in linea con la norma.