A inizio anno chiedersi «quando è Pasqua?» è spesso un esercizio profano, che ha a che fare con possibili viaggi primaverili. Ma se si lancia su Google, virgolettata, la stringa “Annuncio del giorno della Pasqua” il motore di ricerca risponde con qualche migliaio di link, prevalentemente di siti di diocesi e parrocchie. Che in tal modo assistono le comunità nella corretta compilazione della sequenza che nella solennità dell’Epifania viene proclamata (dal diacono, dove c’è) durante le Messe, dopo il Vangelo: quella che dichiara appunto in quale giorno cadranno la Pasqua e gli altri «giorni santi» (le cosiddette feste mobili) che dalla Pasqua «scaturiscono». In tal modo, «nei ritmi e nelle vicende del tempo», dice la Chiesa, «ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza».
Nel 2019 il sito della diocesi di Padova (
bit.ly/3WLff0Z ) offriva anche una breve introduzione al testo dell’“Annuncio” in cui don Gianandrea Di Donna, tuttora direttore dell’Ufficio per la liturgia, narra l’origine di questa «antichissima tradizione» in un incarico assegnato dal Concilio di Nicea (325) al patriarca di Alessandria, e la contestualizza storicamente: nell’antichità «solo pochi eruditi erano in grado di calcolare astronomicamente ed esattamente le date mobili delle festività, legate ai cicli solari e lunari». Fa implicito riferimento all’“Annuncio del giorno della Pasqua” anche la prima puntata del 2023 della rubrica che Robert Cheaib tiene sul settimanale “Credere” e che il sito di “Famiglia cristiana” (
bit.ly/3GNu3Xt ) riprende. L’autore muove dall’immagine, indimenticata, «di un bel testo “sapienziale” sul calendario e sul tempo che passa» letto da ragazzino: «Il calendario è uno specchio della tua vita, tu ne strappi una pagina e lui prende un giorno della tua vita...». E così la reinterpreta da teologo, qual è diventato: «La buona notizia è che il tempo che passa non è una fatalità». Illustrandola con «tre prospettive degne di noi cristiani, a inizio anno», una delle quali riguarda proprio il calendario liturgico: «La sapienza della Chiesa ha calcato l’anno liturgico sul ciclo di un anno per ricordarci che questo tempo presente è “eternità velata” (per citare lo scrittore inglese C.S. Lewis) o, ancor più, è “l’Eterno rivelato”, è Dio che ci fa compagnia, che cammina con noi nel nostro quotidiano».
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