Indonesia. Intere famiglie kamikaze: attacchi a chiese e polizia. La preghiera del Papa
Nuovo attentato stamane a Surabaya, seconda città dell'Indonesia, dopo quelli di ieri: quattro kamikaze si sono fatti esplodere contro il quartier generale della polizia, ferendo almeno 10 persone tra cui 4 agenti. Secondo quanto riferito dal portavoce della polizia, Frans Barung Mangera, i quattro attentatori in motocicletta sono morti mentre una bimba di 8 anni che era con loro si è salvata ed è stata portata in ospedale. "C'erano quattro attentatori in motocicletta che sono morti, la loro identità è ancora sotto verifica", ha affermato Barung Mangera, sottolineando che "una bimba di 8 anni che era con loro è stata portata all'ospedale".
La città ieri è stata scossa da una serie di esplosioni che hanno preso di mira 3 chiese cristiane. Almeno 13 i morti e una quarantina i feriti negli attentati portati a termine da un'unica famiglia-kamikaze composta dai due genitori, due figlie di 9 e 12 anni e due figli adolescenti. Le tre esplosioni sono avvenute a distanza di pochi minuti una dall'altra attorno alle 7,30, poco prima della Messa. Il primo attacco ha colpito la chiesa cattolica Santa Maria, dove i due figli adolescenti (18 e 16 anni) della famiglia kamizake si sono fatti saltare in aria. Poco dopo il padre ha guidato un'autobomba contro una chiesa pentecostale, e infine la madre si è fatta saltare in aria assieme ai due figli più piccoli all'esterno di una chiesa calvinista.
Gli attacchi sono stati rivendicati dal Daesh. Il presidente del Paese, Joko Widodo, ha parlato di “atto barbarico” ed ha chiesto alla polizia di trovare subito i responsabili delle azioni violente. In particolare, l'intelligence sospetta il coinvolgimento del gruppo Jemaah Anshorut Daulah (Jad), una rete composta da decine di miliziani che tre anni fa hanno giurato fedeltà al Daesh e che l'anno scorso si sono già resi protagonisti di attacchi minori. Secondo alcune fonti anche l’attentato di stamane sarebbe stato messo a segno dai componenti di un’unica famiglia.
Gli attacchi delle ultime 24 ore contro la minoranza cristiana - a cui appartiene circa il 9 per cento dei 260 milioni di indonesiani - sono i più gravi dagli assalti coordinati della vigilia di Natale nel 2000, quando morirono 15 persone. Negli ultimi due decenni l'estremismo islamico ha però rappresentato un pericolo costante nell'arcipelago dove, nonostante la maggior parte della popolazione segua un islam moderato e lo Stato riconosca cinque religioni, la frangia più radicale è in crescita.
La preghiera del Papa
Ieri Papa Francesco ha lanciato un appello, dopo il Regina Caeli, perché cessino le azioni violente. «Cari fratelli e sorelle - ha detto -, sono particolarmente vicino al caro popolo dell’Indonesia, in modo speciale alle comunità cristiane della città di Surabaya duramente colpite dal grave attacco contro luoghi di culto. Elevo la mia preghiera per le vittime e i loro congiunti. Insieme invochiamo il Dio della pace affinché faccia cessare queste violente azioni, e nel cuore di tutti trovino spazio non sentimenti di odio e violenza, ma di riconciliazione e di fraternità»
La legge antiterrorismo
Il presidente Widodo ha esortato il Parlamento ad approvare una revisione delle legge antiterrorismo in vigore. "Chiedo alla Camera dei Rappresentanti e ai ministeri competenti a rivedere i provvedimenti antiterrorismo, presentati nel febbraio 2016, di completare il processo prima possibile". "Questa legge è un importante ombrello legale che consente alla polizia di adottare provvedimenti forti al fine di prevenire azioni di terrorismo". Il presidente ha anche preannunciato l'intenzione di promulgare un decreto in caso di mancata approvazione della legge entro giugno.
I vescovi: la società respinga queste forze maligne
“I Vescovi indonesiani sono scioccati, hanno espresso forte disappunto e solidarietà verso le famiglie delle persone morte e ferite. È traumatico sapere che a colpire è stata una intera famiglia di attentatori: cosa iniettiamo nelle menti dei bambini? Li si educa all'estremismo? Questo è l'interrogativo più profondo che questi attacchi portano con sé”: lo ha detto all’Agenzia Fides padre Siprianus Hormat, Segretario esecutivo della Conferenza episcopale dell’Indonesia, riportando il pensiero dell’episcopato cattolico indonesiano dopo i tre attentati. Padre Hormat ha rivelato a Fides che “l’obiettivo primario erano i posti di polizia ma, in seconda battuta, essendo quelli ben difesi, si è scelto di attaccare le chiese. Si vuole le colpire così la convivenza e il pluralismo, bene primario della società indonesiana e si cerca visibilità in tutto il mondo. I vescovi indonesiani sono molto impegnati sul versante del dialogo interreligioso e in queste ore si sta pensando a iniziative comuni, tra leader cristiani e musulmani, per stigmatizzare violenza, odio, e terrorismo. La società deve restare unita e respingere queste forze malvagie”.