Verona e oltre, serve più che mai la tenacia dei valori tutti interi
Gentile direttore,
in questi giorni è alta l’attenzione pubblica sul Congresso mondiale delle Famiglie che si svolgerà a Verona. Che si giungesse a questa situazione di forte conflitto già si presagiva nell’appello lanciato da una associazione femminista di « trasformare Verona in una città transfemminista». Sono una consigliera comunale di Verona e questa tensione è palpabile. Nella mia città, che si sta interrogando su che cosa sta succedendo, sto vivendo con sofferenza questa conflittualità anche perché rischia di “svilire” un tema così importante come quello della famiglia e della sua centralità. Il Papa a Loreto ha ricordato ancora una volta che la famiglia è «fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna» e ne ha ribadito «la grandezza e l’insostituibilità a servizio della vita e della società».
Fino a pochi anni fa la famiglia non era mai stata messa così in discussione. Oggi purtroppo si sono oltrepassati i confini etici per arrivare a una visione del mondo relativistica in cui tutto ciò che è possibile è “lecito”: il diritto di un bambino ad avere una famiglia formata da mamma e papà è diventato – come ha ricordato proprio ieri sul suo giornale Antonella Mariani – il diritto ad avere un figlio. «Per l’autodeterminazione si sopprime una vita non ancora nata o si pretende di costruirla su misura... Non condivido le strumentalizzazioni politiche fatte su temi così sensibili e importanti. Ritengo, come già ho affermato in occasione della mozione a favore di associazioni che sostengono la vita, che ci siano dei valori universali che non hanno colore politico, ma hanno il colore dell’uomo, dell’umanità.
Nel Convegno ecclesiale di Palermo del novembre 1995 si affermava che l’azione dei cattolici che operano in politica non può che tradursi in «posizioni concordi e scelte convergenti quando si toccano aspetti essenziali e irrinunciabili della concezione dell’uomo». Ed è più che mai necessario, pur collocati in diverse formazioni politiche «dialogare aiutandosi a operare in lineare coerenza con i valori comuni professati». Il convegno di Palermo è stato profetico in questo. Questi valori fondamentali come la vita, la famiglia, la sacralità della persona sono universali perché insiti nella natura dell’uomo e presenti in ciascuno di noi e non dovrebbero essere “prerogativa” di qualche partito, o usati come strumento di contrapposizione politica. Una mia amica mi ha inviato un messaggio che, in questo contesto, è davvero significativo: «Se sei per la difesa della vita sei di destra, se sei per il rispetto degli immigrati sei di sinistra. E se siamo per entrambi di chi siamo?». Ciò che sta accadendo nella mia città insegna come, ora più che mai, sia necessario percorrere strade di dialogo fra persone disponibili nei vari partiti, creare relazioni positive all’interno delle quali sia possibile dialogare, confrontarsi e perseguire insieme l’obiettivo della politica che è davvero per il bene comune. Una politica rispettosa che ascolta, si confronta e dialoga, che trova condivisioni trasversali su temi sensibili, diventa anche un esempio positivo da seguire. E le modalità le insegna proprio la famiglia, con i suoi limiti e fragilità, con le sue sofferenze e contraddizioni ma luogo di inclusione e di accoglienza delle differenze.
Carla Padovani, Consigliere comunale del Pd di VeronaTenere unito ciò che non può essere diviso se non facendo a pezzi la nostra stessa umanità... La sua profonda e salda riflessione, cara consigliera Padovani, è in piena assonanza con quella che stiamo sviluppando da anni sulle pagine di “Avvenire” e con particolare intensità in questi ultimi e tormentati tempi. Una stagione nella quale anch'io, per la mia parte, non mi stanco di ripetere che è più che mai il momento dei valori tutti interi, che la vita non si può fare a pezzi, e che non si deve fare a pezzi la difesa della vita e, dunque, anche e soprattutto il presidio delle insopprimibile dignità di ogni essere umano, in qualunque situazione e condizione personale, dal concepimento all'ultimo istante, e del “luogo” in cui la vita si genera e viene accolta: la famiglia costituita da una madre e da un padre. Non si deve, ma purtroppo si fa. E questo è uno dei grandi mali annidati nel cuore del nostro tempo così consapevole e progredito e così cieco e retrogrado, così orgogliosamente autoreferenziale e identitario e così tragicamente egoista e autolesionista. Fino al punto che persino tra i cattolici, come dice con spaesata amarezza l’amica che lei cita – «se sei per la difesa della vita sei di destra, se sei per il rispetto degli immigrati sei di sinistra. E se siamo per entrambi di chi siamo?» – e come io stesso ho dovuto sottolineare per due volte in una settimana nel mio dialogo coi lettori, c’è chi scinde, in un senso o nell'altro, l’impegno per la cultura della vita e contro la «cultura dello scarto», incamminandosi in direzioni opposte lungo i grandi crinali del XXI secolo: immigrazione, aborto, ambiente, sviluppo... L’aut aut più polemico e squassante sembra prevalere inesorabilmente sulla saggezza mite e forte dell’et et di quell'umanesimo integrale, e concreto, che può portare i cristiani, i credenti di altre fedi e i veri laici a percorrere le stesse buone strade. Anche per questo, a poche ore dall’appuntamento congressuale che una composita rete internazionale pro-famiglia guidata dalla Iof si è data a Verona lo scontro si fa incandescente.
E allora mi tornano in mente alcuni versi del “Conte di Carmagnola” imparati a memoria da bambino, quelli nei quali Alessandro Manzoni canta – e fa cantare il lettore – come nelle antiche tragedie. «S’ode a destra uno squillo di tromba; / A sinistra risponde uno squillo: / D’ambo i lati calpesto rimbomba / da cavalli e da fanti il terren»... Uomini e donne in arme si scagliano gli uni contro gli altri, e l’unico ascolto che le parti contrapposte sembrano disposte a concedere (e a concedersi) è quello per i diversi segnali di battaglia. Insomma: penso che lei, gentile consigliera, abbia perfettamente ragione: se non si sarà capaci di rompere questo schema, non ne verrà nulla di buono. Stia pur certa che noi continueremo a fare il possibile e tentare l’impossibile: spes contra spem. Non possiamo e non vogliamo rassegnarci.