Opinioni

Ucraina. Guerra giorno 75: la storia e nomi che tra Mosca e Kiev pesano quanto le armi

Andrea Lavazza lunedì 9 maggio 2022

Nel 75° giorno di guerra l'attesa era tutta per la parata di Mosca e le parole di Putin sulla Piazza Rossa, in occasione del 77° anniversario della vittoria sovietica sul nazifascismo. Non sono arrivati i tanto previsti proclami né la tanto sbandierata prova di forza. Non hanno volato i caccia e i super-aerei (per asserite cattive condizioni meteo) e i carri armati dispiegati erano quelli vecchi e ben conosciuti. Le parole del numero uno del Cremlino sono state più contenute di quelle utilizzate in altri discorsi recenti. Le accuse alla Nato di una imminente invasione non sono una sorpresa (e restano una falsità ripetuta). La difesa della patria e l'esaltazione dei caduti per la Russia sono parte della retorica consueta.

Qualcuno potrebbe persino pensare che Putin si sia lasciato uno spazio per attivare un negoziato fra qualche settimana, il quale abbia come oggetto il Donbass e la Crimea, le uniche regioni nominate apertamente. Nessun riferimento all'arsenale atomico né a un conflitto globale, che anzi "va evitato". La debolezza del Cremlino è trapelata anche con l'assenza alla manifestazione del generale Gerasimov, il capo delle Forze Armate, che si dice sia stato ferito durante una recente visita al fronte. Non sarebbe stato un successo mostrare il primo combattente claudicante o bendato. Ma se Gerasimov è invece caduto in disgrazia, il risultato è lo stesso: l'ammissione di un mezzo fallimento dell'operazione speciale in Ucraina.

Diventa allora interessante leggere in controluce lo scontro ideologico che l'anniversario ha messo in moto. Alla vigilia, il presidente ucraino Zelensky si è fatto riprendere in un efficace video in bianco e nero tra le macerie del suo Paese. Nel discorso, ha paragonato Putin a Hitler, ribaltando i ruoli e l'anniversario. Il leader del Cremlino non ha mai citato l'Ucraina, che per lui non esiste come entità politica, storica e culturale. Il leader di Kiev nega legittimità all'avversario, equiparandolo al peggior nemico nel Novecento di entrambe le nazioni e rivendicando come merito anche dell'Ucraina la sconfitta degli invasori tedeschi.

Da parte di Mosca si è invece insistito sulla matrice nazista dell'intera "minaccia" portata alla Russia. Nazista sarebbe il governo ucraino e nazista la maggior parte della popolazione. Entrambi hanno trovato sponda nella Nato. Non a caso Putin ha nominato il simbolo negativo del nazionalismo e del collaborazionismo, quello Stepen Bandera che rimane una figura molto controversa pure in Ucraina. Soprattutto sotto il regime sovietico e nella prima fase dell'indipendenza, Bandera (1909-1959) è stato da molti considerato come una fonte di ispirazione in quanto "liberatore" che combatté contro l'Unione Sovietica, la Polonia e la Germania nazista, cercando di costituire un Paese indipendente. Molti altri ucraini l'hanno sempre condannato come un fascista e un criminale di guerra che fu, insieme ai suoi seguaci, responsabile di massacri di civili polacchi e in parte dell'Olocausto in Ucraina contro gli ebrei. A Bandera sono stati eretti numerosi monumenti nel Paese, alcuni rimossi negli anni più recenti. Non si può nemmeno dimenticare che dopo la Seconda guerra mondiale trovò rifugio in Germania Occidentale e fu ucciso da un commando del Kgb davanti a casa.

Alla rivalutazione strumentale di figure del passato non si sono sottratti nemmeno gli occupanti di Lugansk e i filorussi, che hanno per un giorno ribattezzato la città come Voroshilovgrad, in memoria del generale che partecipò alla Rivoluzione d'Ottobre. Kliment Efremovič Vorošilov (1881-1969) fu un combattente eroico secondo l'agiografia sovietica, ma anche uno staliniano di ferro che partecipò all'ideazione del massacro di Katyn, l'esecuzione di 22mila ufficiali e cittadini polacchi nel 1940. Svolse in precedenza un ruolo da protagonista durante il periodo delle Grandi purghe degli anni Trenta volute dal dittatore, denunciando per tradimento molti dei suoi colleghi militari e subordinati e facendoli poi giustiziare.

In questo perverso intreccio di ideologie e di vicende storiche piegate agli interessi attuali, non si vede una via di uscita da un conflitto che si avvia sempre più a incancrenirsi e prolungarsi. Nelle ultime ore missili sopra Odessa proprio mentre era in visita il presidente del Consiglio Ue Michel (costretto a entrare in un rifugio sotterraneo) e bombardamenti sulle città dell'Est. Ma senza significativi avanzamenti, come in una guerra di posizione e di logoramento.