Opinioni

La riflessione. L'arresto di due frati a Napoli: l'assedio del male impone umiltà

Maurizio Patriciello venerdì 2 agosto 2024

Siamo frastornati. Di più, addolorati. A tavola, ieri, per tutelare i bambini, abbiamo preferito non accendere la televisione. La notizia è di quelle che fanno male, che fanno e faranno discutere, che si prestano a essere strumentalizzate. Due frati francescani sono stati arrestati. Avrebbero – e diciamo “avrebbero” per loro, come lo avremmo detto per qualsiasi altra persona, per qualsiasi altro reato – avrebbero, dicevo, inscenato una rapina per far sparire i telefonini con le prove dei loro misfatti sessuali. Triste. Ad Afragola, la cittadina in provincia di Napoli in cui affondo le radici, lo sconcerto si tocca con mano.

Il santuario di Sant'Antonio di Padova, officiato dai seguaci del Poverello di Assisi, è un centro vivo di spiritualità, di fede, di cultura, di carità. Centinaia di frati hanno alimentato negli anni, con il loro ministero, la fede nostra e quella dei nostri antenati. Su questa basilica adesso, come un fulmine, si è abbattuta la sciagura. Ed è giusto che a scriverne sia anche un prete, che tante altre volte ha preso la parola su misfatti e reati compiuti da persone del mondo della politica, della finanza, dello sport, delle istituzioni. Il male c'è, per questo motivo i cristiani, ogni giorno pregano il Signore: liberaci dal male. Il male c'è, si aggira attorno a noi, ci sfiora, ci tenta, ci ammalia.

A volte ci aggredisce, ci atterrisce. Il Vangelo ci indica la strada per non esserne travolti. Da sempre la Chiesa non cessa di consigliare ai credenti i rimedi per non rimanerne prigionieri: la preghiera, la penitenza, la meditazione, la frequenza ai sacramenti, la carità. Tutto questo, però, non è da prendere come un toccasana che, miracolosamente, ci mette al riparo. No, la vita è una battaglia, e in battaglia si combatte. A nessuno è dato di oziare. Si combatte per vincere, ma mettendo in conto anche che, qualche volta, si potrebbe essere sconfitti. La confessione dei nostri peccati non è una farsa. Il confiteor all’inizio di ogni Messa, quando chiediamo misericordia non è una pietosa bugia. Il prete sull'altare si batte il petto insieme ai fedeli, non per finta.

Il refrigerio del perdono è per tutti. Certo, ci sono peccati e peccati. Quando il peccato, poi, si fa reato si rimane sbigottiti. Se il reato è commesso da una persona consacrata, il cui abito, da solo, dice appartenenza alla Chiesa, a un ordine religioso, il misfatto acquista il sapore del tradimento. Ed è comprensibile lo scandalo che ne viene ai fratelli e alle sorelle nella fede. In particolare ai bambini, ai semplici, a coloro che ebbero fiducia nelle persone incriminate. «Siamo stati traditi», dicono. Se sia vero, non lo so. Mi guardo dentro per non raccontare stupidaggini, per non scrivere cose scontate, per non tentare di portare acqua al mio mulino. Mi guardo dentro e, ancora una volta, mi dico che un “mio mulino” non esiste, non c’è. C'è, invece, un Dio folle che si fida di me, con tutti i miei difetti, le mie paure, la mia poca fede sempre bisognosa di essere rinvigorita. C'è una Chiesa, voluta da Lui, che non ha mai detto di essere perfetta. Al contrario, ha sempre affermato di essere santa e meretrice.

Sempre, quindi, bisognosa di perdono. Una Chiesa che, come la fontana del villaggio, è pronta a dissetare chiunque si avvicini. A questa fonte mi disseto anch'io. Seguiremo con attenzione gli sviluppi di questa vicenda sconcertante e dolorosa. Ricordando – cosa che non sempre accade quando a sbagliare sono preti e frati – che tutti, anche questi fratelli francescani incriminati, sono da considerare innocenti fino a condanna certa. Come accade in Italia per ogni cittadino, illustre o sconosciuto che sia. Oggi, 2 agosto, riviviamo il perdono di Assisi. Non penso sia una coincidenza. Il Signore ci ama. Non ha mai smesso di amarci.

Aiutiamo i frati reclusi a non perdere la speranza. Mandiamo un abbraccio grande a tutti i francescani nel mondo. Non facciamo l'errore di confondere il peccato – sempre da condannare – con il peccatore – sempre da accogliere e da amare. Non facciamo di ogni erba un fascio. Sarebbe ingiusto e devastante per tutti, credenti e non credenti, e non solo per la Chiesa di Napoli, che ieri ha subito espresso tutto il suo dolore con la voce accorata dell’arcivescovo Mimmo Battaglia. I reati si pagano davanti alla legge. Se ci sono stati è giusto che chi ha sbagliato paghi. I peccatori pentiti trovano perdono, sempre. Ai credenti, in queste ore tanto depressi e smarriti, vogliamo dire “forza! Il Signore non ci abbandona. Rimbocchiamoci le maniche. continuiamo a piantare semi di amore laddove altri si sono affaticati ad occultare mine di odio e di morte. E rimaniamo umili”.