Lezione cristiana. Suor Maria Laura, una piccola via e l'importanza di farsi disturbare
A volte le vite dei santi stanno tutte in una frase. Suor Maria Laura Mainetti, per raccontarsi ne usava una bellissima: «La missione è essenzialmente lasciarsi disturbare». Da Dio e quindi dagli uomini. Vuol dire accogliere, ascoltare, non guardare l’orologio, rinunciare al cibo e al riposo, «intervenire come e dove si può, con i mezzi che si hanno a disposizione». Uno stile, un progetto, una vocazione che l’hanno resa grande al cospetto di Dio e coraggiosamente vulnerabile nella terra degli uomini. Forte nella fragilità, fino a dimenticare se stessa, fino all’ultimo giorno, fino a garantire il perdono a chi la uccideva in un macabro rito satanico. Fino al martirio per il quale il prossimo 6 giugno verrà proclamata beata.
E sarà, dev’essere, una festa di Chiesa e di popolo, capace di unire, a dispetto del Covid, una comunità intera. Tra i protagonisti, Chiavenna, il piccolo centro, provincia di Sondrio e diocesi di Como, dove la religiosa venne uccisa da tre ragazze. Una di loro l’aveva chiamata, erano più o meno le 22, dicendole di essere rimasta incinta a seguito di uno stupro. Ma si trattava di un agguato omicida consumato a colpi di pietra e 19 coltellate.
Sul luogo del delitto venne posta una croce, segno di fede, cui oggi si vuole aggiungere un ringraziamento laico. L’idea, promossa dal sindaco Luca Della Bitta e approvata dall’intero Consiglio comunale, è quella di dedicarle una parte, la prima, di via Candida Lena Perpenti, là dove si affaccia l’Istituto delle Figlie religiose di Sant’Andrea, allora casa di suor Maria Laura, da cui lei uscì quella terribile notte di ventuno anni fa. Un gesto semplice, quasi doveroso, che non si può non apprezzare. Almeno in teoria, perché la pratica, come spesso accade, segue pensieri e strade differenti, disegnando fossati che neanche immagini, che a furia di guardarci dentro rischi di venire inghiottito. Il buco nero stavolta, il fantasma si chiama “burocrazia”.
È stata lei, o meglio il suo incubo, a spingere un gruppo di brava gente a firmare la petizione “contro” il progetto, con cui si dice “no” alla strada per suor Maria Laura: meglio dedicarle un giardino, che oltretutto con il richiamo alle radici, alla vita resistente, al respiro di aria buona sarebbe più suggestivo e poetico. No, non sono cattive persone i firmatari, semmai osservatori stanchi della realtà. Sanno che cambiare nome a una strada non vuol dire solo sostituire una targa con un’altra. Significa code all’anagrafe, siti internet che ti cacciano fuori, lunghe attese mute al telefono, ricerca del modulo giusto per farsi modificare l’utenza. Facile fare i grandi, gli splendidi, con le vite degli altri, sembrano voler dire.
È la filosofia del “lascia tutto com’è”, del “stiamo bene così” del “non ci disturbate”, cioè esattamente l’opposto di quel che testimoniava suor Mainetti. Alla fine, vedrete, il cambio si farà e la religiosa martire avrà una sua targa, un omaggio semplice com’era lei. Che riassumeva la sua fedeltà al Vangelo in poche frasi. Una, bellissima, diventata quasi un comandamento, l’aveva imparata da un sacerdote: «Della tua vita devi fare una cosa bella per gli altri». E chissà quanti la scopriranno e ne resteranno affascinati, anche solo per aver letto il suo nome all’inizio di una piccola via di paese.