Opinioni

Le persone e le strade verso l'Europa. Storia di Nico, storia nostra

Fabiola e Filippo Bianchini domenica 26 luglio 2020

Sgombero Tsamakia a Lesbo

Gentile direttore,
l’inferno che stanno vivendo i migranti nelle isole greche è sotto gli occhi di tutto il mondo: il sovraffollamento, la mancanza di servizi igienici e cure mediche adeguati, la poca sicurezza, la scarsità di cibo, la precarietà. Siamo i responsabili di una casa famiglia della 'Papa Giovanni XXIII' e da 5 anni viviamo ad Atene. Ogni giorno riceviamo richieste di accoglienza di migranti e ascoltiamo storie che tolgono il respiro. Tra le tante persone che accogliamo nella nostra casa c’è Nico.

All’età di 12 anni è partito da solo dall’Afghanistan alla ricerca del sogno europeo, nel cuore il desiderio di diventare dottore. Ha attraversato a piedi il confine coll’Iran nelle mani di trafficanti senza scrupoli ed è arrivato in Turchia, dove si è fermato quasi tre anni, affittando un piccolo appartamento a Istanbul con altri ragazzini della sua età. Sono andati avanti con lavoretti che hanno permesso loro di sopravvivere e di mettere da parte i soldi per proseguire il viaggio. Per un breve periodo Nico ha anche provato a rimettersi a studiare, è tornato a scuola, perché il suo sogno di diventare dottore non l’ha abbandonato. Si è presa cura di lui anche una coppia afgana che viveva nello stesso palazzo, avevano già cinque figli, ma dove si mangia in sette si trova posto a tavola anche per otto. A un certo punto, per Nico arriva il momento di ripartire: i soldi ci sono e i trafficanti stabiliscono che è il momento giusto. Si parte a notte fonda e dopo circa due ore di navigazione si approda già sulle coste dell’isola di Lesbo. Finalmente il sogno dell’Europa si è avverato! Oppure no?

Bastano poche ore a Nico per rendersi conto che l’Europa non è come si aspettava quando tre anni prima aveva lasciato la piccola casa a Herat, dove il babbo cercava di mantenere la famiglia lavorando come sarto e lui viveva circondato dall’amore dei suoi genitori e dei sette fratelli e sorelle. Quando Nico approda a Lesbo ha appena compiuto 16 anni, ma viene registrato dal poliziotto di turno come maggiorenne.

Prova a spiegare che non è così, ma la decisione ormai è stata presa e viene registrato come un adulto. Si tratta di una pratica che abbiamo appurato essere diffusa nella maggioranza dei casi. Dal momento che un minore avrebbe diritto a maggiore tutela e protezione, vista la carenza di personale e strutture, a Lesbo non ci si può permettere di essere minorenne. Ora per un attimo proviamo ad immaginare che Nico sia uno dei nostri figli, noi ne abbiamo cinque. Quante volte abbiamo pensato se tutto questo fosse capitato a uno di loro! Proviamo ad entrare anche nel cuore dei suoi genitori che hanno fatto la scelta straziante di lasciarlo partire per potergli garantire un futuro, per poterlo salvare dagli attentati che ancora oggi i taleban, anche se non se ne parla quasi più, mettono in atto nei confronti di altri musulmani non reputati tali.

Ultimamente Nico era inquieto. Alcuni suoi amici che vivono nei campi profughi nei dintorni di Atene stavano pensando di tentare la sorte, volevano provare il 'game': percorrere la rotta balcanica per arrivare in Italia e poi in Nord Europa. Sono pienamente consapevoli dei rischi, ma sono giovani e testardi e, soprattutto, sono stanchi di vivere una vita senza speranze. La tentazione per Nico di unirsi a loro era forte. È stato difficile dissuaderlo. Inoltre a maggio in Grecia è stata approvata una serie di emendamenti alle leggi su asilo e immigrazione che consentiranno la detenzione automatica, fino a 36 mesi, dei richiedenti asilo il cui appello è stato respinto e di coloro che sono soggetti alla procedura di espulsione.

Nico non era regolare e ora sta aspettando l’esito del ricorso che abbiamo presentato e se sarà negativo, lui sarà uno di quelli che rischia il carcere. Un seme di speranza lo ha finalmente gettato nel suo cuore una visita inaspettata che abbiamo ricevuto pochi giorni fa, quando abbiamo avuto il piacere di ospitare a casa nostra alcuni amici della Comunità di Sant’Egidio di ritorno proprio da Lesbo, da dove hanno fatto partire altri dieci profughi e ci hanno fatto il bellissimo dono di due ragazzi afgani che ora vivono con noi. Abbiamo seguito le immagini dell’arrivo dei corridoi in Italia e non abbiamo potuto non gioire insieme a queste persone mentre venivano accolte e amate. Non si tratta di essere buoni, si tratta di vivere il Vangelo in cui crediamo. Si tratta di giustizia. Come non ringraziare il nostro papa Francesco che continuamente risveglia le coscienze riguardo al dramma dei migranti? Dopo la sua visita a Lesbo nel 2016 decise di accogliere alcuni di loro tramite i corridoi umanitari.

Ci sentiamo di ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per questa preziosa opera che ridà dignità a coloro che chiedono accoglienza e alla nostra Europa. Per Nico è stata la rivelazione che allora esiste una via legale e sicura per essere accolti in Europa. Forse lui non potrà mai percorrere uno di quei 'corridoi umanitari', ma solo sapere che esistono è bastato per rendergli il sorriso, per ricominciare a scherzare con gli altri della casa famiglia, per riprendere i corsi di lingua online, la lettura, lo studio della chitarra e le partite a basket nel campetto dietro casa. Forse un futuro c’è anche per lui.

Associazione Papa Giovanni XXIII, Atene