Desiderare figli, resistere al business. Proprio tutto è sul mercato?
Che sarebbe finita così, si sapeva. Con una grande esposizione, gli stand, la pubblicità, gli slogan accattivanti, la libera concorrenza e le facilitazioni economiche: è il nuovo mercato dei bambini, che ormai non vuole più nascondersi né mascherare la propria cruda realtà consumistica. La fiera che si è appena svolta a Parigi sulla procreazione artificiale, incluso l’utero in affitto, sbarcherà nei prossimi mesi anche in Italia, forse con lo stesso titolo furbo e illuminante, «Désir d’enfant», desiderio di figlio. Perché il figlio è un oggetto fra mille oggetti disponibili e commerciabili, e per realizzare questo desiderio si è creato un immenso mercato transnazionale in cui scegliere le offerte più convenienti, che meglio soddisfano la richiesta del singolo.
Dépliant con foto patinate, consigli per ridurre i costi, consulenza legale, e poi testimonianze di genitori felici, medici felici, madri surrogate felici. Tutti sorridenti, e soprattutto pronti a esibire la propria splendente felicità, dichiarando pubblicamente come è stato bello scegliere su catalogo la donna che ha messo a disposizione il suo utero e quella che ha venduto i propri ovuli, e come la prima (della seconda, a cui probabilmente il bimbo assomiglierà, non si fa mai cenno) sia stata trattata bene, e faccia "parte della famiglia", anche se abita all’altro capo del mondo e non la si vedrà mai più.
Di fronte a tanta mancanza di pudore, che dire? Inutile commentare "l’avevamo detto!", ricordando che questa deriva era prevedibile, e che la mercificazione del bambino e della maternità è la conseguenza della disinvoltura con cui si è spalancata la porta alle nuove tecniche di fecondazione in laboratorio, oltre che di una legislazione incurante che ha colpito la famiglia inseguendo il mito dei nuovi diritti. La domanda che vorremmo invece rivolgere oggi a chi siede in Parlamento e al governo è un’altra: siete d’accordo con tutto questo? Pensate davvero che questa sia la modernità, il futuro che ci aspetta e che è inutile cercare di contrastare? Ritenete che il liberismo procreativo sia un esito scontato delle nuove tecnologie, che si possa accettare il mercato dei corpi e delle persone, come in tempi oscuri che oggi condanniamo, e che il fatto che ci sia l’assenso della persona sfruttata legittimi ogni forma di sfruttamento?
La politica serve a governare i fenomeni, a scegliere, indirizzare, favorire alcuni processi e bloccarne altri: ma sulla rivoluzione antropologica e sulle sue conseguenze ci sono stati troppo spesso una grave mancanza di consapevolezza o un rassegnato disinteresse. Eppure non è difficile, ancora adesso, agire almeno sulla terribile ingiustizia della cosiddetta "gestazione per altri".
La legge 40, nonostante sia stata parzialmente smontata, ha mantenuto il divieto di maternità surrogata, e anche il divieto di pubblicizzarla; dunque un evento come quello svolto a Parigi non può approdare in Italia, visto che viola platealmente una legge in vigore. In Parlamento, inoltre, sono state depositate, ma non ancora discusse, due proposte di legge, firmate da donne che contano, la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, e la ministra di Forza Italia Mara Carfagna. Entrambe le proposte mirano a estendere la legge 40, rendendo più grave la sanzione per la pratica dell’utero in affitto ed estendendola ai reati commessi all’estero. Ma già adesso, se qualche Procura volesse intervenire su questo fronte, potrebbe farlo, chiedendo il consenso del ministro della Giustizia.
Non ci sono però solo le sanzioni e i divieti, ma anche possibili alternative. Per le coppie che desiderano un figlio e hanno difficoltà ad averlo c’è la strada dell’adozione, le cui procedure possono essere rese più accessibili. C’è poi un paradosso a cui finora non è stata data alcuna soluzione, gli embrioni congelati. Di queste vite sospese nessuno parla più, dopo tante discussioni e polemiche ai tempi del referendum che confermò la legge 40. Non sappiamo più nemmeno il loro numero, e finiscono per essere considerati solo prodotti di scarto delle tecniche di procreazione artificiale. Eppure sappiamo che non esiste per loro un criterio di morte, e che possono essere impiantati nel grembo di una donna, crescere e venire alla luce anche dopo molti anni. Perché non riprendere i progetti sulla loro adottabilità, seguendo le stesse procedure in vigore per i bambini già nati? L’ipotesi è controversa, si sa, nella società e nella Chiesa. Ma è sempre più chiaro che invece di lasciare spazio al mercato dell’umano, potremmo ritrovare per questa via il gesto di solidarietà che ripara il danno, riportando alla vita l’embrione immerso in un innaturale gelo. La maternità e la paternità tornerebbero a essere non desideri del singolo, realizzabili grazie al denaro, ma la condizione dell’amore gratuito che tutti noi, in quanto figli, abbiamo sperimentato.