Domani a Roma con il cardinale Bassetti. Pregare per l'Italia e il futuro comune
Dopo le elezioni del 4 marzo, il nostro Paese ha vissuto un tempo difficile per la convivenza sociale e civile. I lunghi giorni passati prima di giungere alla formazione del nuovo governo hanno determinato un clima di tensione e di conflittualità, che ha lasciato una traccia non solo sulla scena politica, ma nella società nel suo insieme. Ora la situazione istituzionale si è stabilizzata con la formazione del nuovo governo Conte, ma ci sono nodi profondi da affrontare e da sciogliere. È compito certamente del Governo, ma anche di tutte le forze sociali e spirituali del Paese.
La Chiesa italiana ha preso varie volte l’iniziativa. Continua a farlo in tanti e diversi modi, tra cui incoraggiando l’impegno diretto dei cattolici in politica per «ricucire» il Paese, come è emerso dall’ultima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Ma è giusto che la prima scelta, in questi giorni, sia quella della preghiera: una 'veglia di preghiera per l’Italia' che, su invito della Comunità di Sant’Egidio, sarà presieduta giovedì a Roma dal cardinale Bassetti e rivolta a tutti coloro a cui sta a cuore il futuro del nostro Paese. Una preghiera che unisce proprio quando, in questi mesi, ci si è troppo divisi e ci si preoccupa di un bene comune che sembra essersi smarrito in dispute laceranti, vissute spesso sulla pelle dei più deboli.
Basta pensare al fenomeno dell’immigrazione, con un crescendo di toni e di allarmi che non fanno bene a nessuno: né agli stranieri che troppo spesso continuano a morire nelle traversate – o addirittura, come è accaduto al maliano Sacko Soumaila, per difendere i diritti di braccianti agricoli regolari, ma sottopagati e sfruttati – né agli italiani che avrebbero bisogno di proposte che coniugano accoglienza, sicurezza e integrazione. Si è giocato troppo sulla rabbia sociale e sulle frustrazioni delle periferie, fino a oggi scarsamente aiutate nei loro bisogni primari, non più protette da reti che sappiano intercettare i loro problemi e dare risposte. Senza dimenticare il gravissimo problema della disoccupazione nelle regioni meridionali.
L’Italia non merita tutto questo anche per l’immagine che da sempre ha offerto all’Europa e al mondo, quella di una realtà sociale e civile capace di integrare forse più di altre realtà, anche per la sua storia e la sua collocazione geografica, al centro di un Mediterraneo crocevia da sempre di diverse culture e di esperienze umane, civili e religiose. Ma pure per una 'Italsimpatia' che si è sviluppata in Paesi anche molto lontani, senza contare l’impegno per la pace che in più parti del mondo abbiamo saputo dimostrare. La Preghiera per l’Italia è anche un appello alla responsabilità dei cristiani e una chiamata a una nuova passione civile. Perché la politica costruisca e non divida, agisca per il bene di tutti a partire dai più poveri, liberi dalle paure, dando le risposte che mancano e ridia il futuro ai giovani e forza alla famiglia.
Ciò di cui non si sente proprio bisogno è una continua campagna elettorale o, dall’altra parte, proseguire nelle divisioni, dimenticando il bene del Paese e dei suoi cittadini. I cristiani, in Italia come altrove, non possono nascondersi. Non perché debbano organizzare partiti, eventi particolari o addirittura 'crociate' identitarie. Ma perché possono indicare, forse più di altri, la via del bene comune in forme e modi diversi, a partire dalla capacità che già dimostrano in tante situazioni: l’ascolto e la vicinanza a chi è più in difficoltà, la preoccupazione di non lasciare indietro nessuno, spesso ignorata proprio da chi dovrebbe coltivarla. La Chiesa, anche con la preghiera e mettendo al centro il Vangelo, s’impegna per l’unità di un Paese infragilito, convinta che, per il suo futuro, sia urgente rammendare il tessuto sociale con prudenza, pazienza e generosità. Sono le preoccupazioni di una Chiesa che vuole essere madre, così come la immagina il suo papa, Francesco.