Parlare di «credenti nell'unico Dio» indica un dovere chiaro e più grande
Signor direttore,
nella risposta a un lettore del 5 maggio 2021 dedicata a san Francesco e ai francescani, lei definisce cristiani e musulmani «credenti nell’unico Dio», che equivale a dire “nello stesso Dio”. In realtà, per capire quanto sia infondata questa tesi basterà ricordare i seguenti enunciati del Credo Niceno: «Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente... Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, Unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli... della stessa sostanza del Padre... Credo nello Spirito santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio… ». Le sembra che questo Dio sia lo stesso dei musulmani? Magari si potrebbe anche aggiungere il passo del Vangelo di Giovanni dove Gesù dice di sé: “Chi vede me vede il Padre”. Le sembra che questa affermazione possa essere condivisa da un credente in Allah? Allora è del tutto evidente che cristiani e musulmani non sono “credenti nell’unico Dio”, ma “credenti in un Dio unico”, ovvero entrambi monoteisti.
Marco Fioravanti, SienaApprezzo sempre la sollecitudine dei lettori, gentile signor Fioravanti, ma posso assicurarle che conosco abbastanza bene l’italiano, so il peso delle parole e ho anche una idea non vaga della dottrina cristiana e della mia fede cattolica. Se avessi voluto scrivere “credenti nello stesso Dio”, l’avrei scritto. Non attribuisca perciò a me ciò che lei pensa o, a quel che intuisco, teme. Quando parlo di credenti nell’unico Dio (cioè appunto dei monoteisti, che appartengono ad almeno sei fedi diverse, non solo a cristianesimo e islam con tutte la ricchezza delle loro differenti confessioni e tradizioni), parlo di una esigente “condizione fedele”, che comporta anche a mio avviso un dovere spirituale e morale di fratellanza molto chiaro e più grande. L’ho detto e scritto anche in altre occasioni, ma torno a farlo volentieri. Poiché sono un sognatore e sono un cattolico, spero di vedere il giorno in cui i credenti nell’unico Dio sapranno non solo convivere, bensì testimoniare insieme l’amore del Padre. E poiché sono un giornalista, e dunque constato come va il mondo, e so abbastanza di storia da sapere che “i diversi che si assomigliano” spesso faticano ad accettarsi, sarei sollevato nel veder crescere ovunque almeno la propensione dei credenti nell’unico Dio ad accogliersi e proteggersi l’un l’altro, rispettando anche gli appartenenti alle altre religioni e coloro che una religione non ce l’hanno. Un sogno pure questo? Forse. Ma non mi rassegno agli incubi che hanno trafitto, e ancora crocifiggono, la nostra umanità che Cristo ha fatto pienamente e per sempre sua.