Ru486. Non si cambia la legge a colpi di circolari
Caro direttore,
nella riflessione del dottor Giovanni Fattorini ('Avvenire' del 29 agosto 2020) si sostiene che l’analisi che mi è stata affidata e che è stata pubblicata domenica 23 agosto conterrebbe «un’affermazione sbagliata». Secondo il ginecologo non sarebbe vero che «la legge vietava e vieta al Consultorio di fare da sé e che l’aborto può essere effettuato solo da una (diversa) struttura autorizzata».
E che l’Ivg deve essere praticata, sì, in strutture autorizzate e l’art.8 ne fa l’elenco, ma sempre all’art.8 si dice espressamente che «nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali e autorizzati dalla Regione». Fattorini conclude che «le nuove linee guida del Ministero della Salute regolamentano una possibilità prevista dalla legge quasi 50 anni fa e non introducono novità particolari al riguardo».
Quanto affermato dal ginecologo non mi trova d’accordo. E – a mio modesto avviso – bene hai fatto, direttore, a sottolineare nella tua replica come di questo passo anche «il nodo giuridico si aggroviglia» ancor più, e questo merita di essere «messo con allarme in evidenza»: perché «i Consultori vengono ora aggiunti ai luoghi di somministrazione dell’aborto (farmacologico). E questo non può permettersi di farlo una circolare ministeriale, contro la stessa previsione di legge».
È, infatti, la stessa circolare ministeriale a trattare i consultori come 'altro' rispetto alle strutture richiamate dal dottor Fattorini, posto che quello stesso testo, dopo aver citato le «strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione», così prosegue: «...nonché consultori», con ciò da un lato chiarendo che tra le due diverse strutture non può essere ravvisato un rapporto di genere e specie, e dall’altro rendendo manifesta l’intenzione di ampliare il novero delle strutture abilitate a praticare l’aborto farmacologico.
Una disposizione, quest’ultima, palesemente contraria al nostro diritto costituzionale, posto che le circolari ministeriali sono fonti normative di terzo livello, mentre le leggi dello Stato (come lo è la 194 del 1978) rappresentano norme di rango primario. Ed è questo un fondamento del diritto costituzionale: una produzione normativa di grado inferiore non ne può modificare una di livello superiore.