L'aiuto al suicidio. Morte a comando, il peso dell'eventuale inazione
Archivio Ansa
Caro direttore,
in questi ultimi giorni più di qualcuno in Italia, grazie a un notevole concerto di voci, si è accorto di un evento imminente e al quale si rischia di arrivare come inerzia: la possibile legalizzazione dell’eutanasia.
Un evento, tuttavia, che non potrà più essere considerato senza responsabili in virtù del giudizio culturale, antropologico e politico descritto con abbondanti ragioni da due documenti complementari di gruppi di associazioni cattoliche, dal seminario dell’11 luglio (con il serrato confronto di oltre trenta corpi intermedi con esponenti parlamentari e del Governo) e da un alto atto di magistero del Presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti. Voci che 'Avvenire' ha reso pubbliche e amplificate.
È così emerso che nel Paese è in atto un confronto fra chi, da un lato, vuole ribadire che la vita è unica e irripetibile e in ogni fase e condizione, soprattutto quando è malata o comunque fragile, è bene non disponibile e chi, dall’altro, ritiene invece che la vita sia degna solo finché performante e/o economicamente apprezzabile, cosicché quando produce disagi e diseconomie diventa un peso e un costo eccessivi e il Servizio sanitario può essere incaricato di dare la morte.
Ancora poco, però, si è riflettuto sulle circostanze politiche e istituzionali del monito che arriva dalle realtà del cattolicesimo italiano, specie se lette in controluce dell’accordo di maggioranza che regge il Governo Conte. Vediamone alcune. Nessuno può ignorare che siamo di fronte a una situazione del tutto nuova.
L’ordinanza della Corte Costituzionale n. 207/18 e l’intervista del presidente della Consulta a 'La Stampa' del 12 giugno 2019 dicono chiaramente al Parlamento che se non vi sarà una legge nelle prossime settimane, all’udienza del 24 settembre 2019 l’eutanasia diverrà normativamente possibile in Italia attraverso una probabilissima sentenza della Consulta stessa, che eliminerà come reato, in tutto o in parte (questo, alla fin fine, poco conta), l’aiuto al suicidio (oggi nell’art. 580 del codice penale). Non esiste, pertanto, una posizione 'neutra'. Il non legiferare da parte del Parlamento significa volere che 'legiferi' la Corte costituzionale. Una simile 'omissione' corrisponderebbe alla più radicale decisione politica. Eppure, la maggioranza di governo e i suoi leader tacciono.
A poche settimane dal 24 settembre il protagonista è il silenzio. Secondo alcuni, siccome a ogni richiesta di un partner corrisponde sempre una concessione all’altro, questa volta il do ut des' non ci sarebbe ancora e non si sa se la Lega, che pure si dichiara contro l’eutanasia, possa o voglia affrontare questa ennesima 'dialettica' interna. Ma così la questione è mal posta. Il sottosegretario leghista alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, intervenendo al seminario dell’11 luglio, ha, fra l’altro, ricordato che nel «contratto di governo » non ci sono previsioni attive sulle questioni etiche, essendoci un accordo, più o meno esplicitato, di dare luogo a una 'legislatura di decantazione', in cui il Parlamento non avrebbe dovuto né aggiungere, né togliere norme dalla legislazione vigente su questi temi.
Dunque, il «contratto» prevede che non si modifichi la situazione attuale. In vista del 24 settembre, Lega e Movimento 5 Stelle sulla base del loro patto non devono aprire la via all’eutanasia, la quale sarebbe la più radicale riforma in materia di questioni cosiddette 'etiche'. Altrimenti, altro che «decantazione»! Ma – è bene insistere – questa dirompente 'riforma' si otterrebbe semplicemente non legiferando. Lasciando che arrivi l’udienza della Corte costituzionale del 24 settembre senza alcun intervento legislativo del Parlamento.
Dunque, se il M5s nei prossimi giorni dovesse impedire che alla Camera si arrivi in aula per approvare un testo di legge di poche righe che aggiorni solamente l’art. 580 c.p. senza norme eutanasiche (pdl Pagano), in realtà imporrebbe, in questo modo, all’alleato leghista e a tutto il Paese un passo verso l’eutanasia per sentenza. E qualora Montecitorio andasse davvero (irresponsabilmente) in ferie disinteressandosi del problema, la Lega ci farà necessariamente sapere, per come reagirà o non reagirà, se una possibile e gravissima rottura del «contratto», quella per cui non avrebbero dovuto esserci riforme in tema di vita e di morte, meriti o meno decisioni conseguenti.
Avvocato, coordinatore Osservatorio Parlamentare 'Vera lex?'