Mettere in questione Spid e ricetta elettronica: un errore che fa male
Caro direttore,
sono invalido quasi non deambulante. Non ho diritto all'accompagno perché “sto bene”. Non ho auto. Non ho familiari. Vivo solo. Assumo quotidianamente (dal 1999) otto farmaci salvavita. In questi tre anni la ricetta elettronica è stata un enorme aiuto. Se me la tolgono, come farò? Ho perso il diritto di vivere? Ma non è il solo fronte aperto visto che il sottosegretario all'Innovazione tecnologica, Alessio Butti, si è schierato contro lo SPID (identità digitale) e a favore della CIE (Carta di identità elettronica). Mi chiedo se certe “innovazioni” vengano correttamente valutate, prima di proporle. Per usare la CIE nei siti istituzionali, tipo l’Inps, per fare il primo esempio che mi viene in mente, occorre un computer e uno smartphone, mentre per lo SPID basta uno smartphone e la relativa app, senza nessuna configurazione aggiuntiva. Come pensano che se la caveranno gli anziani?
Roberto Federici, Roma
Le ricette elettroniche restano, caro amico, dunque su quel fronte lei (come tutti noi) può stare tranquillo. Ma grazie per la sua sintetica ed efficace protesta. Ci sono strumenti e canali digitali, come la ricetta elettronica e lo SPID che hanno effettivamente semplificato la vita a tutti noi. E metterli in questione, anche solo per errori comunicativi di diverso tipo, destabilizza e fa male. Giro perciò il senso delle sue domande ai portavoce del governo Meloni, soprattutto al sottosegretario Butti, che ha suscitato con annunci e preannunci le comprensibili preoccupazioni di tanti concittadini e concittadine. Spiegarsi e spiegare è sempre necessario. È probabile che con la CIE si pensi di fare ancora meglio di quel che si è fatto sinora con lo SPID. Saremo felici, se sarà così e se le cose si faranno ancora più semplici. Altrimenti cerchiamo di far sì che il meglio non sia nemico del bene.