Roma Felix/13. Maria Salus Populi Romani, l'icona della devozione universale
Papa Francesco prega davanti alla Salus Populi Romani
È lei la più famosa. La più diffusa icona mariana venerata a Roma e nel mondo. Lei che unisce popolo e papi. Sì perché fu lei, con il titolo di Salus Populi Romani, la prima sacra effige, che, con speciale bolla pontificia ebbe l’autorizzazione di essere riprodotta e dunque universalmente diffusa e invocata particolarmente nei pericoli, nelle calamità, nelle guerre. È la Vergine con il Bambino in braccio, la Madre di Dio, la Theotokos, dipinta su una tavola in legno di cedro e tradizionalmente ritenuta originaria di Gerusalemme, dove sarebbe stata dipinta da san Luca evangelista e che tutt’ora campeggia, alta, sopra l’altare della Cappella Paolina nella Betlemme d’Occidente, la Basilica di Santa Maria Maggiore. A Maria Salus Populi Romani è pertanto storicamente legato il Vescovo di Roma, e un pontificato affidato alla Salus Populi Romani è un pontificato consacrato alla Salus Ecclesiae.
Non è dato stabilire l’epoca esatta in cui quest’icona bizantina della Madonna, detta di San Luca – per rendere popolare il ruolo di Maria, da cui nessun itinerario verso Dio si può discostare nel piano della salvezza – venne posta nel tempio dedicato alla Madre di Dio, costruito dal Vescovo di Roma e dal popolo romano dopo il Concilio di Efeso del 451, che solennemente aveva consacrato il culto della Theotokos. Riguardo però al plurisecolare culto e alla venerazione di questa effige considerata miracolosa si hanno notizie antiche certe. Tra queste una antichissima, riportata da Cesare Baronio, riguarda il pontefice san Gregorio Magno (590–604) nell’anno 590. In quell’anno infuriava a Roma la terribile peste che, scoppiata in Egitto nel 543, si era diffusa rapidamente in tutta l’Europa uccidendo anche il papa Pelagio II. Il suo successore san Gregorio I, appunto, non vide altro rimedio che ricorrere all’aiuto della Madre di Dio e indisse una solenne processione per impetrare la cessazione dell’epidemia nella quale il Pontefice stesso portò lungo la strada verso la Basilica di San Pietro l’immagine miracolosa. Grazie all’intercessione della Salus, sopra il Mausoleo di Adriano apparve al popolo l’Arcangelo Michele. La peste cessò e al ricordo del prodigioso evento venne posta sulla sommità della Mole Adriana la celebre statua, tutt’ora visibile, raffigurante l’angelo che ripone la spada nel fodero. Da allora il culto da parte del Vescovo di Roma e dei fedeli assumeva ogni anno, nella ricorrenza della festività dell’Assunta, l’aspetto di un atto di filiale pietà mariana. A partire dal pontificato di Leone IV (847-855) fino a quello di san Pio V (1504-1572) la solennità fu celebrata con imponenti processioni che muovevano verso Santa Maria Maggiore.
Anche i pontefici dei tempi più recenti hanno manifestato la loro devozione alla Madonna di Santa Maria Maggiore. Paolo VI pregò a lungo di fronte a questa icona dopo aver proclamato la Vergine “Madre di tutta la Chiesa”. L’icona era presente a Tor Vergata nell’anno giubilare 2000 in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Tante sono anche le donazioni che i papi hanno dedicato all’icona supplicando la sua intercessione nelle sfide di ogni tempo. Papa Paolo V (1605– 1621) fece costruire la monumentale Cappella Paolina, scrigno per la Salus Populi Romani. In quella occasione fu organizzata la solenne cerimonia della “Traslazione”, di cui tuttora si celebra la ricorrenza ogni ultima domenica di gennaio. Sia la teca originaria che la copertura in argento dal tempo di Paolo V si trovano oggi al Museo Storico Liberiano. Papa Pio XII, durante l’Anno Mariano, il 1 novembre 1954, onorò l’icona con una processione da Santa Maria Maggiore a San Pietro, dove venne poi incoronata Regina con preziosi corone e gioielli.
Papa Francesco nel 2023 ha espresso la sua profonda devozione donandole la Rosa d’Oro tramite un gesto che ha inteso rimarcare il suo significato spirituale per la Chiesa Universale. Durante l’epidemia del Covid volle in San Pietro l’immagine della Salus. E ricordando quest’anno gli ottanta’anni della liberazione di Roma il 4 giugno del 1944 Francesco ha voluto scrivere in una lettera pubblica del voto che la mattina di quel giorno migliaia di fedeli fecero alla Salus Populi Romani. « Ad essa i romani si rivolsero per presentare suppliche e invocazioni, specialmente durante le pestilenze, le calamità naturali, le guerre», scrive Francesco. « Non sorprende quindi che il popolo romano volle affidarsi ancora una volta a Maria mentre l’Urbe viveva l’incubo della devastazione nazista ». Quel mattino la gente stava davanti alla Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, l’icona era stata portata lì perché la folla di fedeli continuava a crescere. Si temevano altri bombardamenti, la distruzione finale. Francesco ricorda come «il popolo di Roma insieme al suo pastore», Pio XII, avessero fatto il voto «per implorare la salvezza della città, quando in essa stava per consumarsi lo scontro frontale tra l’esercito tedesco e quello degli alleati angloamericani ». E invece i tedeschi fuggirono, gli alleati entrarono in città alle 19 senza trovare opposizione. Per i credenti, la « Salus Populi Romani » aveva protetto la città ancora una volta. I l 14 marzo 2013, a poche ore dall’elezione al Soglio di Pietro, Francesco, primo papa gesuita, aveva voluto porre sotto la benedizione della Madre di Dio il ministero ricevuto, recandosi a pregare davanti alla Theotokos. Immagine che già in precedenza aveva amato e anche da vescovo di Buenos Aires ha sempre voluto visitare ogni qualvolta veniva a Roma. Il significato del suo affidamento compiuto da papa Francesco l’indomani della sua elezione si inserisce così con rinnovata espressione nella secolare tradizione della Chiesa di Roma.
E se a Maria Salus Populi Romani è dunque legato sia il Vescovo di Roma, sia il popolo capitolino, il vincolo per il Papa gesuita è suggellato anche dalla personale sua devozione sul modello di sant’Ignazio di Loyola, che alla particolare protezione della Theotokos aveva affidato la missione della nascente Compagnia di Gesù. La basilica dedicata alla Madre di Dio aveva infatti esercitato nell’animo del fondatore della Compagnia un fascino tutto particolare nel quale si era espressa la personale devozione del santo verso la Madonna di San Luca, presso la quale egli volle celebrare sua prima messa nella Notte di Natale del 1538. I suoi biografi attribuiscono il fatto alla sua particolare devozione ma affermano che l’origine di quella particolare venerazione fu un segreto che il Lojola non volle rivelare mai a nessuno. Con il suo terzo successore, Francesco Borgia, la devozione della Compagnia verso l’immagine di Santa Maria Maggiore assunse dimensioni più vaste. Sotto il suo generalato il culto della Salus Populi Romani si diffuse rapidamente con i primi missionari destinati a raggiungere le terre dell’America meridionale e dell’Estremo Oriente. Particolarmente tra i cinesi. L’antica e venerata icona della Vergine custodita nella basilica romana è stata, infatti, la prima immagine della Madonna a essere diffusa anche nel Celeste Impero. E furono proprio i primi missionari gesuiti destinati a raggiungere quelle lontane terre a portarla, a far conoscere attraverso di essa la Madonna e a promuoverne il culto.
Nel 1566 san Francesco Borgia, era infatti riuscito a ottenere da papa san Pio V, superando non poche difficoltà, un permesso che non era mai stato concesso ad altri: la riproduzione dell’icona. Una prova della diffusione costante dell’icona di Santa Maria Maggiore durante quel periodo in Cina è offerta anche da alcuni episodi della vita e dell’apostolato di Matteo Ricci. Dalle sue cronache e dalle lettere dei suoi compagni sappiamo che in Cina, nei secoli XVI-XVII, il quadro della Salus Populi Romani venne diffuso dai missionari gesuiti in tutte le zone dove riuscirono a penetrare, da Macao a Pechino a Shangai. Sappiamo inoltre che i dipinti della Madonna venerata in Santa Maria Maggiore destarono subito grande interesse tra quelle popolazioni ammirando per la prima volta «l’artificio della nostra pittura» nel dipinto della «Vergine di San Luca». Una copia era stata collocata dal missionario anche nella prima chiesa eretta nella Cina continentale a Zhaoqing nel 1585 e dedicata a Maria “Fiore dei santi”, dove tutt’ora si trova, seppure non c’è più la chiesa. Una copia è stata infatti conservata nel museo dedicato a Matteo Ricci che sorge accanto all’antica sua prima residenza con accanto la chiesa costruita dallo stesso missionario, con l’altare nel mezzo, dove era stata posata l’immagine.
Nel 1602 una copia venne donata dal padre Matteo Ricci all’imperatore Uanli, il quale ne rimase profondamente ammirato tanto da farla collocare nel suo palazzo. In una lettera indirizzata al generale dell’Ordine il missionario informava con semplicità che la madre dell’imperatore ne era rimasta così stupita da esclamare: «Questa è madre di un Dio vivo!», e professando la verità senza saperlo offriva ogni giorno profumi e incensi dinanzi all’immagine in segno di omaggio alla ‘divina Signora’. Nella narrazione delle vicende della missione dal 1599 al 1603, dal padre Trigault a completamento della cronaca del padre Ricci, sono ricordati alcuni altri episodi rivelatori della presente devozione popolare verso la Madonna di San Luca e della capillare diffusione del dipinto attraverso le stampe nella Terra di Mezzo. Tra questi episodi quello di un’intera famiglia cinese che si convertì al cristianesimo, perché il felice esito di un difficile parto fu attribuito all’intercessione di Maria la cui immagine era stata donata alla famiglia da un missionario della Compagnia. Così che anche la Cina attraverso al Sacra effige del popolo romano si apriva al culto di Maria, Madre di Dio.
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