Botta e risposta. Le suore dello Shanxi, il fondatore Massi e l'impegno della Barelli
Gentile direttore, in riferimento all’articolo di Andrea Galli «L’Università Cattolica sulle tracce di Matteo Ricci» (“Avvenire” del 7 settembre 2017) credo che non sia esatta l’attribuzione alla venerabile Armida Barelli la fondazione di un dispensario per poveri e di un istituto per ragazze povere in Cina e tanto meno dell’Istituto di suore dedicato a Benedetto XIV. Per quanto mi risulta, la Barelli, che viene riconosciuta cofondatrice dell’Università Cattolica di Milano e dell’Azione Cattolica Femminile italiana, sostenne anche finanziariamente l’attività del francescano Eugenio Massi (1875-1944) vescovo titolare di Giaffa, che fu successivamente Vicario Apostolico dello Shanxi Settentrionale (15 febbraio 1910), Vicario Apostolico di Sianfu, Shensi, (7 febbraio 1916), Vicario Apostolico di Hankow, Hupeh (26 gennaio 1927). A questo vescovo, stando a documenti ufficiali e d’archivio, si deve «la fondazione dell’Istituto delle Suore Cinesi Francescane del Sacro Cuore di Gesù che dedica a Benedetto XIV» come scrissi nel volumetto Un cuore senza frontiere edito nel 50° anniversario della sua morte avvenuta il 10 dicembre 1944 durante un bombardamento di aerei giapponesi. Cordiali saluti da un fedele lettore del vostro quotidiano.
Silvano Bracci Caro Bracci, il dispensario e l’Istituto di suore furono ufficialmente fondati dal vescovo francescano Eugenio Massi. Ma c’è un motivo se diverse pubblicazioni citano la Barelli come «fondatrice». Quando costei espresse a Benedetto XV il desiderio di rispondere concretamente alla sua sollecitazione a sostenere le missioni estere, contenuta nell’enciclica Maximum Illud del 1919, il Papa le parlò delle missioni in Cina. La Barelli venne poi a sapere dai francescani delle necessità di un territorio poverissimo, lo Shanxi settentrionale. Entrata allora in contatto con monsignor Massi, mobilitò per lui tutta la forza della Gioventù Femminile Cattolica Italiana (Gfci), con aiuti spirituali e offerte che si rivelarono cruciali. Tra il 1922 e il 1925, per dire, riuscì a raccogliere l’enorme somma di un milione e mezzo di lire. «Dopo la morte del nostro Papa fondatore – scrisse la Barelli in una sua testimonianza – stabilimmo di fondare l’Istituto Benedetto XV per le vergini cinesi della nostra missione... le care suorine si affezionarono molto alla Gfci, prendevano i nomi nostri, imparavano un po’ di italiano e francese per scriverci, ci mandavano le fotografie in occasione delle vestizioni e professioni annue...». Usando il «noi» e parlando di «nostra missione» la Barelli non intendeva appropriarsi indebitamente del ruolo di fondatrice, ma indicava qual era il grado del suo coinvolgimento in quella storia. In Cina, dopo la presa del potere da parte di Mao, le cose peggiorarono radicalmente per i cattolici. Dal 1958 dell’Istituto di suore si persero le tracce. Alla fine degli anni 80, dopo quasi 30 anni l’Istituto riemerse dalla clandestinità, sorprendentemente. Oggi le religiose venerano la memoria di Eugenio Massi e insieme di Armida Barelli, quale loro madre, come testimonia il vescovo Claudio Giuliodori che le ha ricevute all’Università Cattolica e le ha visitate poche settimane fa a Xi’an. Andrea Galli Il dispensario e l'Istituto di suore furono ufficialmente fondati dal vescovo francescano, ma determinante furono il ruolo della venerabile e gli aiuti spirituali e le offerte che, grazie a lei, raccolse la Gioventù Femminile Cattolica Italiana