Caivano. Farsi accanto ai veri poveri nelle case popolari occupate
A prima vista la notizia sarebbe di quelle che fanno gridare alla vittoria dello Stato sulla criminalità e sul malaffare. A prima vista, ho detto, perché, ben guardate, le cose non stanno esattamente così. Andiamo con ordine. I carabinieri della Tenenza di Caivano hanno individuato decine di appartamenti occupati abusivamente nel complesso delle case popolari.
Quasi la metà. La prima domanda che sorge spontanea è: come è stato possibile? Il numero è enorme, non si tratta di un appartamento, che sarebbe potuto sfuggire ai controlli. Il fatto, per quanto triste e doloroso possa apparire, è che per decine di anni i controlli non ci sono mai stati. Questi quartieri sono stati lasciati in balìa di se stessi. O, meglio, di coloro che se ne sono impossessati, in genere appartenenti alla camorra, abbandonando gli altri in un sorta di prigionia. I nuovi ghetti, di cui sentiamo parlare, in genere nascono così.
Chi può da questi luoghi scappa via, preferendo andare ad abitare altrove. Chi non ne ha la possibilità economica è costretto a stringere i denti e subire ogni sorta di prepotenza, di sopraffazione, di intimidazione da parte dei malavitosi. La vita si fa difficile. Ma per quanto strano possa apparire, tutto avviene alla luce del giorno. Sicché a lungo andare rientra in una sorta di anomala normalità. E strano appare chi si intestardisce a denunciare e richiamare le autorità ai loro precisi doveri. Così per anni. In uno di questi palazzoni brutti, sporchi, degradati, avvenne nel 2014 l’orribile tragedia della piccola Fortuna, stuprata e buttata giù dall’ottavo piano. Uno scandalo inaudito che, però, ha drammaticamente lasciato le cose così come stavano. Si sa che dove non c’è il gatto i topi ballano.
E le vittime sono numerose e indifese. I gatti, dunque, sonnecchiano. Ma poi arriva il giorno del giudizio, quando, impietosa, la mannaia si abbatte sulle famiglie. Le legalità sembra essere ripristinata, e forse è vero. Al povero parroco, che quelle famiglie conosce, quei bambini ha battezzato, a quei ragazzini ha fatto il catechismo accompagnandoli alla prima Comunione, fa però male il cuore. Perché? Perché sa che non tutte le famiglie che abusivamente hanno occupato quelle case sono affiliate alla camorra.
Tante sono costituite da povera gente che non potendosi permettere di pagare la pigione ha cercato e trovato la possibilità di avere una casa. Tante di queste famiglie sono costituite da giovani sposi, da me stesso unite in matrimonio. Gente con lavori precari, malpagati, e con diritti non sempre riconosciuti. Adesso si corre il rischio di gettare il bambino con l’acqua sporca. Si, perché la beffa che la povera gente rischia di dover subire, oltre il danno, è proprio questa: quella di passare da vittima a carnefice.
Anche se è vero, verissimo che, in questi quartieri senza controlli, la camorra aveva annusato l’affare degli appartamenti vuoti e ci aveva messo sopra le mani, occupandoli e assegnandoli a parenti, amici e conoscenti. Una situazione a due facce, quasi incredibile che si va facendo sempre più difficile e ingestibile. Che cosa bisogna fare? Un serio, onesto e intelligente lavoro di selezione e di discernimento. Occorre saper separare il grano – per quanto illegale e disordinato – della gente onesta dalla zizzania della camorra. Occorre farsi accanto a chi ha occupato una casa – magari pagandola in nero, con pochi soldi, al titolare legittimo – da coloro che lentamente sono arrivati a 'possederne' tante. Non è facile, ma è l’unica cosa da percorrere se si vuole arrivare a una soluzione che sia davvero tale. Fuori la camorra e i camorristi dai quartieri popolari. Fuori le piazze di spaccio che richiamano tossicodipendenti da tutto il circondario. Più attenzione, più vigilanza, più cura da parte dello Stato.
Ma occorre anche farsi accanto ai veri poveri e aiutarli a mettersi al passo con la legalità. E non permettere che chi, per tanti anni, li ha abbandonati a se stessi, adesso – al grido della legalità – li schiacci, scaraventandoli in mezzo alla strada.