Conferenza a settembre, scelte urgenti. Chiarezza per la famiglia
Tra una crisi cronica, l’accoglienza diseguale e spesso disarmonica ai migranti via mare, e un’altra ciclica e contingente, la siccità che stavolta ha messo a rischio persino le forniture idriche alla Capitale, c’è il rischio che a finire in secondo piano sia un’emergenza vera, più nascosta eppure serissima: la condizione della famiglia in Italia.
Dopo le dimissioni del ministro Enrico Costa – evidentemente più interessato ad alchimie di partito e al suo personale destino che al cruciale servizio affidatogli con il dicastero – e l’assunzione dell’interim da parte del premier Paolo Gentiloni, infatti, è stato messo in forse lo svolgimento della Conferenza nazionale sulla famiglia, in programma dal 28 settembre a Roma. Un appuntamento non solo atteso, a ben sette anni dal precedente confronto di Milano 2010 e da tempo preparato con il coinvolgimento e l’impegno dell’associazionismo, ma quanto mai necessario per restituire la centralità dovuta al tema, imprimere finalmente una svolta alle politiche familiari consolidando e sviluppando le scelte compiute o almeno abbozzate negli ultimi mesi, impostare un piano d’intervento a tappe progressive, concreto e condiviso.
Per comprendere la necessità di agire con urgenza è sufficiente ricordare tre dati, tra loro interconnessi: il costante calo delle nascite che determina uno squilibrio demografico ed economico nel nostro Paese senza precedenti; il crollo del numero di adozioni e le crescenti difficoltà per le coppie ad accedere a questo istituto; il preoccupante aumento della povertà in particolare tra i minori e i nuclei con più componenti. A indicare come da elementi di forza e di sicurezza le condizioni di "figlio" (soprattutto se non unico) e di "famiglia" stiano paradossalmente e pericolosamente diventando fattori di debolezza, fragilità e svantaggio.
Non c’è da stupirsi: è il portato di decenni nei quali la famiglia è stata "sfruttata" per le sue capacità educative e di cura, per la sua funzione di naturale ammortizzatore sociale, ma mai valorizzata e (quasi) mai presa a misura delle politiche e degli interventi sociali attuati. Salvo rare eccezioni (a livello locale più che nazionale), infatti, si è continuato anche in anni recenti a mirare gli interventi sociali e fiscali sul singolo, spesso segmentando per categorie professionali (il dipendente, il pensionato...), senza mai guardare al contesto nel quale la persona vive. O peggio – sempre per un pericoloso paradosso – la famiglia per lo Stato esiste, i legami matrimoniali vengono riconosciuti e i redditi sommati, solo quando si tratta di porre un limite all’accesso a misure di welfare o ai servizi pubblici. Perfino quando sono state impegnate poste di bilancio rilevanti – ad esempio i 10 miliardi di euro l’anno del bonus da 80 euro – a contare sono stati sempre e solo i redditi personali. E pazienza se ciò ha finito per determinare iniquità, ad esempio tra famiglie con lo stesso reddito complessivo ma percettori diversi o con differenti carichi familiari.
Sul tappeto ci sono poi molti altri aspetti che riguardano la famiglia: dalla riforma dei tribunali dei minori alla disciplina di adozioni e affido, dalla scuola alle strategie di integrazione dei nuclei familiari di origine straniera, fino alle politiche locali relative ai servizi e al tema più generale di come un diverso approccio sussidiario possa rendere le famiglie realmente protagoniste delle scelte, attrici di autotutela e motore di sviluppo. Anche per questo l’occasione della Conferenza nazionale e il lavoro preparatorio già svolto non devono andare persi né sprecati. Confermare l’appuntamento da parte del governo sarebbe un segno di sensibilità, di concreta attenzione, di rispetto. Più ancora se questo atto venisse accompagnato da una scelta chiara e decisa riguardo la responsabilità della guida della Conferenza stessa.
Se il presidente del Consiglio decidesse di assumere in prima persona, ed efficacemente, la titolarità del dicastero della Famiglia (e degli Affari Regionali), con ciò riconoscendo la priorità assoluta della questione e la sua centralità nell’azione di governo, il messaggio inviato risulterebbe chiaro e forte, l’assunzione di responsabilità senza ombre. Ma se questo non potesse darsi, sarebbe necessario nominare al più presto un nuovo ministro che si impegni, tenendo conto in modo non solo formale delle conclusioni della Conferenza stessa, a impostare un’azione politica precisa e decisa, e già a partire dalla legge di bilancio per il 2018.
Se anziché al peso (teorico) degli schieramenti politici si presta attenzione alle pregresse esperienze di governo sul territorio e alla valorizzazione, secondo Costituzione, della famiglia, si possono individuare infatti profili di candidati "votati alla causa" e più che preparati allo scopo. Ma occorre far capire adesso, prima della pausa estiva e prima dell’ultimo sprint verso il voto politico generale, quale strada si intende prendere: l’«emergenza famiglia» non può più attendere di essere affrontata. Le famiglie italiane guardano e giudicano.