Ddl Zan, libere opinioni e violenze. Buon senso, per favore
Ci sono conquiste che sono costate all’umanità tempo, fatica, sangue, alle quali non si può più rinunciare per nessun motivo. Tra queste c’è il diritto a esprimere liberamente il proprio pensiero, la propria opinione, le proprie convinzioni, la propria fede – soprattutto quando marciano in direzione opposta alla vulgata corrente – senza correre né il rischio di essere denunciato né quello – più subdolo e deprimente – di essere umiliato e deriso. Intanto, diciamo subito che denunce, avvocati, processi, tribunali hanno sempre intimorito i poveri, ben sapendo che, poi, costeranno tempo e denaro che essi non hanno a disposizione. Detto questo, qualche domanda: un italiano, onesto, perbene, può dire, oggi, proprio oggi (quando non ci sono ancora nuove norme liberticide in vigore) senza timore di essere calunniato come 'omofobo' o 'transfobico' di rispettare e amare i fratelli e le sorelle omosessuali e transessuali, ma – esempio niente affatto casuale – di considerare un vero e proprio obbrobrio il commercio di gameti umani e una inaccettabile forma di colonizzazione del corpo femminile l’affitto di un grembo di madre per mettere al mondo figli commissionati da altri?
È stato ribadito tante volte, anche e soprattutto su queste colonne, che le nostre leggi sanzionano ogni atto di violenza, a cominciare da quelle verbali, per cui non servono ulteriori norme per tutelare i diritti dei fratelli e delle sorelle omosessuali e transessuali. Soprattutto non servono norme congegnate male come alcune di quelle contenute nel cosiddetto ddl Zan. Norme errate perché costruite in modo obliquo, e capaci di materializzare lo spettro di una tenaglia liberticida. Qualcuno, però, combatte la sua battaglia per ottenere proprio quelle norme. Battaglia che, pur non condividendo, rispettiamo, per il solo fatto che ognuno è libero di esporre, senza offendere nessuno, le proprie idee e di lottare per esse. Ma non è giusto, ed è violento, catalogare ancora una volta come 'omofobo' chi si oppone a quella prospettiva e dà l’allarme contro una deriva che giudica pericolosa.
E poi – parlo da prete italiano – quando vengo offeso, sui social, e tante volte per strada, per il solo fatto di essere prete, debbo mettermi a gridare alla 'pretefobia'? Devo chiedere leggi personalizzate per me e per i miei confratelli? Quando sono stato chiamato – e, vi assicuro, non una volta sola – 'pedofilo' per la strada, avrei dovuto insorgere e pretendere leggi particolari a mia tutela? E quando, per il solo fatto di essere napoletano – cosa di cui non smetto di vantarmi – sono stato apostrofato in modo volgare da qualche fratello nato 'a nord del Garigliano'? In genere faccio spallucce, ingoio l’amarezza, e, pur sapendo di potermi rivolgere alla magistratura, preferisco non intasare i tribunali.
Ho recuperato, in questi giorni, nella mia libreria 'Il contadino della Garonna' di Jacques Maritain, e 'Ortodossia' di Gilbert K. Chesterton. Avevo bisogno di leggere parole che avessero l’antico sapore delle parole. Volevo, ancora una volta, sentirmi dire che 'due più due fa quattro'. Continuare a credere che il buon senso, quella sorta di pre-filosofia che mio padre, persona intelligente e analfabeta, ha esercitato per tutta la vita, non è mai fuori luogo. Infatti, dalla mattina alla sera, quando attraversiamo la strada, ci rechiamo a fare il vaccino o aspettiamo che venga il nostro turno, cuciniamo, celebriamo o lavoriamo, è al buon senso che facciamo continuamente ricorso. Buon senso che sarebbe bello esercitare non solo nel privato, ma anche in pubblico. Nel rapporto con gli altri. Per strada, a scuola, in ufficio, nei luoghi del divertimento. Ecco: ripartiamo dal buon senso, facciamoci questo bel regalo. E anche le leggi (e i progetti di legge) saranno migliori.