Assurdo attacco alla legge Mancino. Antidoto necessario
La cosiddetta Legge Mancino in realtà... era un decreto legge. Nacque, prima di essere convertito in legge dal Parlamento, per iniziativa di Nicola Mancino, ministro dell’Interno nei governi guidati da Giuliano Amato e da Carlo Azeglio Ciampi. Era il 1993, non un secolo fa, ed evidentemente c’erano i presupposti di necessità e urgenza richiesti per ogni decreto legge. E il ministro era un uomo della Democrazia Cristiana, non certo un «globalista» ideologico e/o affarista, malato di «razzismo anti-italiano», come il ministro Lorenzo Fontana ha definito ieri coloro che difendono la legge, proponendo l’abrogazione della stessa.
Eppure nel ’93 – ripetiamo, non un secolo fa – era necessario e urgente intervenire a fronte di un rigurgito antisemita che investì in particolare Roma, con svastiche e scritte contro gli ebrei lasciate di notte sui muri di diversi quartieri. Provocazioni in seguito alle quali, il 5 novembre del 1992, un gruppo di esponenti della Comunità ebraica assalì la sede del "Movimento politico occidentale", di estrema destra. Alla fine si contarono due feriti e diversi danni materiali. Poteva andare peggio, ma fu uno di quei pomeriggi che non si dimenticano, un campanello d’allarme. Il Mpo venne sciolto proprio in seguito al varo del decreto Mancino.
Era il periodo degli striscioni apertamente nazisti esposti da molti gruppi ultras negli stadi di calcio, con simboli, bandiere e tutto l’armamentario ideologico della galassia "nera". Un fenomeno che sarebbe proseguito anche negli anni successivi all’introduzione della normativa, ma in misura via via più ristretta.
Sostenere che oggi quella legge non serva più, perché divenuta «una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano» – come ha scritto il ministro Fontana – significa anche affermare che oggi in Italia il pericolo di discriminazione razziale, etnica, nazionale e religiosa è inferiore rispetto a 25 anni fa. Però, se anche esistesse il «circuito mainstream» che Fontana accusa di «orientare le opinioni» utilizzando «l’arma ideologica del razzismo», è davvero difficile non vedere come i cambiamenti intervenuti nel frattempo nella nostra società abbiano accresciuto, e non diminuito, quel pericolo. Non foss’altro che per l’aumento dei flussi migratori e per la presenza di altre fedi religiose diverse da quella cattolica, che tanti in questi anni hanno indicato e continuano a indicare come un pericolo per il cittadino comune. Tra costoro non mancano gli esponenti del partito di cui il ministro è vicesegretario federale, la Lega, alcuni dei quali sono infatti incappati in grane giudiziarie a causa della legge Mancino. Del resto, nel 2014 proprio il Carroccio raccolse le firme (fallendo l’obiettivo) per un referendum abrogativo della stessa normativa.
Conforta, perciò, che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il vicepremier Luigi Di Maio e l’altro vicepremier, ministro dell’Interno e leader della Lega, Matteo Salvini, abbiano escluso che l’abrogazione rientri nell’agenda del governo in carica. Ma, a maggior ragione, colpisce che un ministro della Repubblica abbia pensato di lanciare una proposta così "pesante" tramite Facebook. E soprattutto che lo abbia fatto il ministro per la Famiglia e le Disabilità, visto che di crimini d’odio se ne contano anche ai danni di disabili di ogni età.
Il clima avvelenato che si respira oggi in questo Paese non è un’invenzione di certi giornali o del «circuito maistream», qualsiasi cosa ciò voglia dire. E non c’è minimizzazione, precisazione o equivoco che tenga davanti all’evidenza. "Sdoganare" in qualsiasi modo la discriminazione è un pericolo per tutti. Anche perché di odio ne circola già troppo, pure con la legge Mancino in vigore.