Il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana ripropone una storica battaglia della Lega per cui il partito di Matteo Salvini aveva lanciato anche una raccolta firme: l'abolizione della legge Mancino. «I fatti degli ultimi giorni rendono sempre più chiaro come il razzismo sia diventato l'arma ideologica dei globalisti e dei suoi schiavi (alcuni giornalisti e commentatori mainstream, certi partiti) per puntare il dito contro il popolo italiano - scrive Fontana su Facebook - accusarlo falsamente di ogni nefandezza, far sentire la maggioranza dei cittadini in colpa per il voto espresso e per l'intollerabile lontananza dalla retorica del pensiero unico. Una sottile e pericolosa arma ideologica studiata per orientare le opinioni». «Tutte le prime pagine dei giornali, montando il caso ad arte, hanno puntato il dito contro la preoccupante ondata di razzismo, per scoprire, in una tragica parodia, che non ce n'era neanche l'ombra - sostiene il ministro -. Se c'è quindi un razzismo, oggi, è in primis quello utilizzato dal circuito mainstream contro gli italiani. La ragione? Un popolo che non la pensa tutto alla stessa maniera e che è consapevole e cosciente della propria identità e della propria storia fa paura ai globalisti, perché non è strumentalizzabile. Abroghiamo la legge Mancino, che in questi anni strani si è trasformata in una sponda normativa usata dai globalisti per ammantare di antifascismo il loro razzismo anti-italiano. I burattinai della retorica del pensiero unico se ne facciano una ragione: il loro grande inganno è stato svelato».
Le reazioni
Su Twitter, il capogruppo del Pd a Palazzo Madama, Andrea Marcucci, replica così al ministro Fontana: «È un governo sempre più nero. Il ministro della Famiglia (sic) Fontana ora propone di abolire la legge Mancino che vieta l'apologia di fascismo. La cosa grave
è che non si tratta di un colpo di sole di un ministro un po' strambo».
«Inaccettabili le parole del ministro Fontana sull'abolizione della legge Mancino. L'Italia è una repubblica democratica antifascista e antirazzista. Chi non lo ricorda non è degno di fare il Ministro. #Fontanadimettiti". Questo il tweet del coordinatore nazionale di Mdp, deputato di Liberi e Uguali, Roberto Speranza, in risposta al ministro della famiglia Lorenzo Fontana.
«Non condivido» la posizione del ministro Fontana, «l'Italia è un Paese che ha avuto il fascismo e credo sia giusto mantenere sempre alta la guardia. Non condivido una dichiarazione che va verso l'abrogazione di una legge antifascista. Ma questo lo dico in generale, a prescindere dalle parole di Fontana". Lo dice la deputata M5s Doriana Sarli.
«Se questa proposta diventerà un atto del governo, sappiano M5s e Lega, che per impedire questo oltraggio alla nostra democrazia repubblicana e antifascista, questa volta sul tetto di Montecitorio ci andremo noi, le deputate e i deputati di Liberi e Uguali. Lo affermano Federico Fornaro e Rossella Muroni, capogruppo e vicecapogruppo di Leu a Montecitorio.
«Se mi chiedete se faremo una proposta di legge o una raccolta di firme per abolire la legge Mancino dico di no. È un'idea ma sicuramente non è una priorità per la Lega e il governo, che ha al centro della propria azione lavoro, tasse e sicurezza». Così il ministro dell'Interno, Matteo Salvini.
«La discussione sull'abrogazione della Legge Mancino può chiudersi tanto rapidamente quanto si è aperta. Prima di tutto non è nel contratto di governo. In secondo luogo è uno di quegli argomenti usati per fare un po' di distrazione di massa che impedisce di concentrarsi al 100% sulle reali esigenze del Paese: lotta alla povertà, lavoro e imprese. In Italia alcuni giornali stanno strumentalizzando alcuni casi di cronaca per coprire le vere emergenze del Paese e tutta l'Italia lo ha capito ieri quando si è scoperto chi era l'imbecille che ha lanciato l'uovo a Daisy Osakue. Ci sono invece milioni di disoccupati e milioni di poveri che per i giornali non esistono. Le soluzioni per rispondere alle loro esigenze sono dentro il contratto che il governo ha il compito di applicare. La legge Mancino per me deve rimanere dov'è. Le pensioni d'oro invece devono scomparire alla velocità della luce». Lo scrive su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio.
Il premier Giuseppe Conte ricorda che «l'abrogazione della legge Mancino non è prevista nel contratto di governo e non è mai stata oggetto di alcuna discussione o confronto tra i membri del governo. Personalmente credo che il rispetto delle idee sia un valore fondamentale di ogni sistema democratico, ma allo stesso modo ritengo che siano sacrosanti gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l'incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa. In questo momento il governo deve lavorare e impegnarsi su molti fronti caldi: rilancio dell'occupazione, riforme strutturali che consentano la crescita economica e lo sviluppo sociale del Paese. Concentriamo su questi obiettivi il nostro impegno».
La reazione di Nicola Mancino, ex ministro dell'Interno
Nel dibattito Interviene anche l'ex minsitro dell'Interno Nicola Mancino, che ritiene che l'emergenza razzismo sia concreta e che la sua legge sia giusta. «Una emergenza di tipo sociale, legata a forme di razzismo strisciante e ad una certa recrudescenza di idee suprematiste - afferma -, esiste ancora, ed eventuali reati commessi con tali assurde motivazioni vanno sanzionati adeguatamente». Poi rileva «con soddisfazione che il governo concorda sulla necessità di mantenere in vigore gli strumenti legislativi che contrastano la propaganda e l'incitazione alla violenza e qualsiasi forma di discriminazione razziale, etnica e religiosa».
«Il decreto legge che presentai al Parlamento il 26 aprile 1993, poi approvato nella forma attualmente in vigore - scrive Mancino in una nota - rispondeva all'esigenza di punire con un'aggravante specifica reati connessi alla incitazione alla violenza o alla discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi. Era una sensibilità allora molto avvertita dall'opinione pubblica e dal Parlamento, che infatti l'approvò a larga maggioranza. Era un periodo nel quale la propaganda violenta si alimentava anche di motivazioni pseudoideologiche e pseudoculturali, basate sulla presunta superiorità di una razza sulle altre».
«Per quanto contrastata da una minoranza rumorosa e violenta, la legge fu accolta con favore e applicata con equilibrio dalla magistratura - sottolinea ancora l'ex ministro - Ricordo gli striscioni polemici nei miei confronti nelle piazze e negli stadi ma ritengo di essere stato nel giusto allora, come oggi, perché una emergenza di tipo sociale, legata a forme di razzismo strisciante e ad una certa recrudescenza di idee suprematiste, esiste ancora, ed eventuali reati commessi con tali assurde motivazioni vanno sanzionati adeguatamente».
«Anche coloro che con superficialità parlarono e parlano di "misure liberticide" dovrebbero riflettere sulle conseguenze di una predicazione di odio che la enorme e incontrollata diffusione dei social network rende oggi ancor più pericolosa», conclude Mancino.
La legge Mancino
È una norma che sanziona i "crimini d'odio". Si tratta della legge 205 del 1993 che ha preso il nome dall'allora ministro dell'Interno proponente, Nicola Mancino. Nello specifico, punisce chiunque faccia propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reclusione fino a un anno e sei mesi o multa fino a 6mila euro). Punito è anche chi istiga, con qualunque modalità, a commettere o
commette atti di violenza o di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (reclusione da sei mesi a
quattro anni). Questa legge condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia fascista e vieta, infine, ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici,nazionali o religiosi.