Minori. Anche noi col continente tutt'intero che cerca Cleo
Mentre scrivo, un intero continente sta cercando una bambina. Da giorni. A piedi, in auto, a cavallo, con i droni. La bambina si chiama Cleo Smith, ha 4 anni, ed è stata rapita in Australia, in un campeggio rustico e impervio a nord di Perth. Dormiva in una tenda. I suoi genitori dormivano in un’altra tenda. Con lei, separata da un telo, dormiva una sorellina di pochi mesi, in culla.
Verso l’1,30 Cleo ha detto che aveva sete. Si sa come sono questi desideri dei bambini, inattesi e imperiosi. Quando vanno a letto, gli si dà sempre un bicchiere d’acqua fresca, perché dormano bene, senza più bisogno di niente. Una volta, quando s’incontravano due adulti, c’era il rito del 'bicchiere della staffa': all’amico venuto a trovarti davi l’ultimo bicchiere di vino al momento del saluto, quando lui aveva già un piede nella staffa del cavallo, pronto per partire. Trasferendo questo linguaggio al mondo dei bambini, si potrebbe dire che dopocena gli diamo il 'bicchiere della coperta', un attimo prima di metterli a letto. Certamente Cleo aveva avuto il bicchiere della coperta. Ma all’una e trenta ne chiese un altro. Per sete? Certamente. Ma sete di che cosa? Sete di veder la madre ritornare e rioffrirle l’acqua fresca. Vedere il bicchiere che s’avvicina, accostare le labbra, suziare, sentire l’acqua che scavalca la gola, provare soddisfazione, e rimettersi a dormire. Anche la madre si era rimessa a dormire. Anche lei aveva sete, il bisogno di dar da bere alla figlia, sentirla suziare, vederla ributtarsi distesa sul letto, e dormire.
Tutto questo all’una e trenta. Poi alle 6,30 la madre si sveglia, guarda la tenda della figlia e la tenda è aperta. La figlia non c’è più. Sparito con lei anche il sacco a pelo, rosso, vistoso. Impossibile che sia stata lei da sola. C’è stato qualcuno. E l’ha rapita. Mentre scrivo non so altro, non si sa altro.
Può darsi che quando il lettore leggerà questo articolo si sappia di più, si sappia tutto, e magari (è il nostro augurio) la bambina sia stata restituita alla madre. Ma questo tempo, della bambina rapita e non trovata, fa nascere in tutti i cervelli, tutti, la stessa domanda: dunque si rubano bambini? Chi lo fa? E perché? Anzitutto, non si rubano bambini ma possibilmente bambine. Le bambine sono più graziose. Più amabili. Ispirano tenerezza. Fan venir voglia di rubarle. Di portarle via con sé. Nei film di mafia, per far precipitare nel lutto una famiglia di nemici si uccide una loro figlia, è più efficace che uccidere un figlio. Ho un amico, critico cinematografico, che quando si siede con me davanti alla tv a vedere un film di mafia, se in una famiglia in guerra appare una bambina di pochi anni, subito lui esclama: 'Ahi!'. Vittime di killeraggio, le bambine sono anche vittime di furti, come forse questa piccola Cleo. Se qualcuno l’ha presa (com’io spero, sperando che lo trovino), l’avrà prima spiata non visto, avrà passato giorni a progettare il blitz, avrà sentito anche lui quel richiamo: 'Mamma, ho sete', avrà aspettato che la madre le desse da bere, e subito dopo avrà pensato che era il momento buono per agire.
Può darsi che questo ragionamento non spieghi questo rapimento, ma ne spiega tanti altri. Perciò lo scrivo. Questi uomini, che di solito sono padri mancati, credono di voler bene alle bambine, ai bambini. Di essere fatti per loro. È possibile che adesso il rapitore stia guardando la piccola Cleo e pensi: 'Che capolavoro!'. Ma Cleo gli restituisce l’occhiata e pensa: 'È il diavolo'. Se la paternità è protezione, è proprio la paternità che manca a quest’uomo. Ho scritto. Spero che nel frattempo chi stava cercando abbia trovato.