Opinioni

Il caso. A Trieste una triste befana autarchica. Che porta doni solo ai bimbi italiani

Davide Parozzi sabato 30 dicembre 2017

Epifania è una parola che deriva dal greco antico e significa “svelarsi”, “apparire”, “rendersi manifesto”. Nella storia della Salvezza, l’Epifania è il momento in cui Gesù viene adorato dai Re Magi che rappresentano – anche nelle loro diversità fisiche – l’intera umanità. Non a caso, molte diocesi hanno scelto di celebrare in questo giorno la “Festa delle genti” a significare l’unitarietà della famiglia umana davanti al Bambino.

Per questo lascia sconcertati l’annuncio di un assessore comunale della città di Trieste di una festa della Befana rigorosamente destinata solo ai bambini italiani (autarchia?) ai quali soli verranno consegnati doni e giocattoli. La decisione, non è del Comune ma di un gruppo cui il Comune stesso ha demandato l’organizzazione dell’evento in una delle piazze più famose del capoluogo giuliano, e che l’assessore ha difeso a spada tratta. Una compagine di estrema destra, Forza Nuova, che si è già fatta notare – oltre che per una serie di iniziative che esaltano il ventennio fascista – per avere distribuito pacchi alimentari solo agli italiani.

Tutto questo in una città che, per storia e per cultura, è sempre stata un crocevia. La patria di Italo Svevo – nato Aron Hector Schmitz – figlio di padre tedesco e di madre italiana che nella scelta del nome da scrittore sublima e rende chiaro l’impasto di cui è fatta Trieste.

Bene ha fatto quindi la Caritas diocesana, «in piena comunione» con il suo presidente, l’arcivescovo Crepaldi, a esprimere «il più vivo rammarico per le dichiarazioni dell’assessore Giorgi riguardo l’esclusività riservata ai bambini italiani circa la raccolta doni in occasione della prossima Festa della Befana durante il mercatino in piazza Ponterosso». La scelta di avallare il metodo per distribuire i doni crea un solco tra i bambini che fin da piccoli sarebbero costretti a fare conoscenza con discriminazioni dovute, ricorda ancora la Caritas, «a etnia, origine e provenienza». E getterebbe i semi di una chiusura all’interno della società giuliana che potrebbe avere pesanti conseguenze.

Durante queste feste di Natale abbiamo assistito a numerosi episodi di solidarietà e di attenzione all’altro che fanno ben sperare. Accanto a questi, però, talvolta si sono insinuati casi di intolleranza mascherati da difesa delle tradizioni italiane. Un esempio per tutti. Il polverone sollevato dalla Lega per la scelta di un parroco brianzolo di porre il Presepe all’interno di un barcone a significare la vicinanza con i migranti. Apriti cielo: proteste, proclami e la consegna in pompa magna di una capanna come luogo “unico” dove porre la Sacra famiglia.

Quasi che il Cristianesimo fosse messo a rischio dall’attenzione ai poveri e a chi viene da lontano. Ma questo, ricorda ancora la Caritas triestina, è solo il rispetto «dell’universalità del Vangelo». Che non fa distinzioni di «etnia, origine e provenienza». Soprattutto tra i più piccoli, i bambini appunto.