Cento anni. Di solitudine. E un groviglio di ricordi, di responsabilità, di successi diplomatici, di colpe storiche, di antri bui della coscienza nei quali lui solo poteva navigare, perché lui solo sapeva - come amano dire gli americani - “dove sono sepolti i cadaveri". Per questo Henry Kissinger, morto mercoledì nella sua casa nel Connecticut - era un ossimoro vivente. Una mente lucidissima e insieme tortuosa, un Machiavelli reincarnato, un freddo e cinico manipolatore della scena internazionale e insieme un disincantato osservatore della caducità delle velleità umane, comprese quelle delle nazioni più potenti, come la sua. Quell’America che lo aveva adottato e per un breve lasso di tempo gli aveva inaspettatamente consegnato le chiavi del proprio futuro e un potere immenso, mai condiviso, saldamente trattenuto perché – come amava dire - «il potere è il miglior afrodisiaco». Il ritratto di Giorgio Ferrari.