Usa. Corte d'appello conferma lo stop al Muslim Ban, il bando dei visti da 7 Paesi
Due cittadini yemeniti entrano negli Stati Uniti all'aeroporto di Chantilly in Virginia (Ansa)
Una Corte d'appello americana ha confermato la sospensione del divieto di ingresso negli Stati Uniti ai profughi e cittadini provenienti da 7 Paesi del Medio oriente e dell'Africa orientale (Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen), respingendo il ricorso del presidente Donald Trump. Il decreto sull'immigrazione risale a due settimane fa e ha scatenato grandi proteste e polemiche, negli Usa e fuori. Trump ha reagito velocemente, respingendo la sentenza e annunciando una vittoria finale del governo alla Corte suprema.
La sentenza della Corte
A esprimersi sul cosiddetto Muslim Ban sono stati tre giudici, due democratici e un repubblicano, della Corte d'appello del nono circuito, con sede a San Francisco in California. All'unanimità hanno bocciato il ricorso dell'amministrazione, respingendo la tesi secondo cui la sospensione del divieto metterebbe in pericolo gli Usa, come hanno sostenuto gli avvocati del governo. "Non c'è prova", per i magistrati, che chi provenga da quei 7 Paesi abbia commesso o possa commettere atti terroristici negli Usa. I magistrati si sono rifatti "all'interesse pubblico generale" per mantenere la sospensione, inizialmente imposta venerdì scorso dal giudice federale di Seattle James Robart su istanza dei procuratori degli Stati di Washington e Minnesota, entrambi democratici. "Da una parte, la società ha un serio interesse alla sicurezza nazionale e alla capacità di un presidente di adottare politiche. Dall'altra parte, la società ha anche interesse alla libera circolazione, al non separare le famiglie e alla non discriminazione", hanno scritto i giudici nella sentenza di 29 pagine. "Questi interessi pubblici concorrenti non giustificano una sospensione" del precedente verdetto, hanno concluso.
L'ira di Trump
Nonostante la sentenza sia stata unanime, appoggiata anche dal giudice Richard Clifton nominato dall'ex presidente repubblicano George W. Bush, Trump vi si è scagliato contro. Parlando ai giornalisti ha affermato che la decisione è stata "politica", in linea con i suoi recenti attacchi ai magistrati, in cui li ha definiti "di parte". "CI VEDREMO IN TRIBUNALE, LA SICUREZZA DEL NOSTRO PAESE È IN BALLO!", ha dichiarato Trump su Twitter.
Una frase scritta tutta in lettere maiuscole, cosa che su Internet equivale a un'affermazione urlata. E un annuncio, in pratica, dell'intenzione di presentare ricorso contro il nuovo verdetto e di portare la battaglia per il suo Muslim Ban alla Corte suprema. Più volte nei giorni scorsi Trump aveva dichiarato di esser pronto a combattere con tutti i mezzi legali a disposizione.
Ora deciderà la Corte suprema
Ora il dipartimento di Giustizia può presentare ricorso alla Corte suprema, mentre questa attende la conferma del nuovo giudice nominato da Trump, il governatore Neil Gorsuch. Essendo quel seggio vacante, attualmente i giudici sono otto: quattro progressisti e quattro conservatori. Nel caso in cui per una sentenza si arrivi a un pareggio, e dunque a una impasse, prevarrebbe la decisione dell'istanza inferiore e dunque risulterebbe definitiva la sentenza della Corte d'appello che ha respinto il ricorso dell'amministrazione Trump. Intanto una portavoce del dipartimento di Giustizia, Nicole Navas, in un comunicato ha dichiarato che il governo "sta valutando la decisione e considerando le sue opzioni".
Esultano i Democratici
La decisione del tribunale ha destato la rapida reazione di molti detrattori delle politiche di Trump. "3-0", ha twittato seccamente la ex candidata alle presidenziali Hillary Clinton, sconfitta dal repubblicano alle elezioni, facendo riferimento al risultato unanime del tribunale. Il senatore indipendente del Vermont e aspirante presidente, Bernie Sanders, ha affermato che la decisione "ripristina parte del danno che il presidente ha fatto alla reputazione del Paese nel mondo". E, ha aggiunto, "può insegnare al presidente Trump una lezione sulla storia degli Usa e su come si suppone che funzioni la nostra democrazia". Simile la posizione della leader della minoranza democratica alla Camera, Nancy Pelosi, che ha definito la sentenza "una vittoria per la Costituzione" e per "la lotta contro il terrorismo".