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Ankara. Turchia al voto, tensione alle stelle

sabato 6 giugno 2015
Alta tensione in Turchia alla vigilia del cruciale voto politico di domenica, da molti considerato il più importante da quasi 100 anni in un paese che appare in bilico fra autoritarismo e fragile democrazia, fra islam e Occidente. Il timore di nuove violenze è forte, dopo l'attentato di venerdì sera a un comizio a Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco, contro un comizio dell'Hdp di Selahattin Demirtas.La popolazione curda, rispondendo all'appello di Demirtas, ha mantenuto la calma, nonostante i morti e i numerosi feriti. Ma nuove sanguinose provocazioni non sono escluse.   Tutti gli occhi domenica sera saranno puntati sul risultato del "Podemos curdo", l'Hdp, fondato l'anno scorso sulla base della questione curda ma ispirato anche all'eredità libertaria delle grandi rivolte di Gezi Park del 2013. Se il partito di Demirtas riuscirà a superare la soglia di sbarramento del 10% e a entrare in parlamento, avrà 50-60 deputati su 550. Il partito islamico Akp di Erdogan non potrà così raggiungere i 330 seggi chiesti dal presidente per cambiare la Costituzione e assumere pieni poteri. Nel caso in cui l'Akp dovesse perdere la maggioranza semplice di 276 deputati che ha dal 2002, i tre partiti di opposizione potrebbero tentare di formare (malgrado le scentille fra Hdp e Mhp) una coalizione per estromettere il partito islamico dal governo dopo 13 anni. I sondaggi della vigilia danno l'Akp in forte calo rispetto al 50% delle politiche del 2011 (al 39-44%), il Chp del leader dell'opposizione Kemal Kilicdaroglu al 26-30%, il Mhp di Devlet Bahceli al 15-17%, l'Hdp in bilico sul 10% (al 9,5-12%). Ma tutto, o quasi, dipenderà dal risultato di Demirtas. Se non supererà il 10%, la Turchia potrebbe subire una sterzata autoritaria, che alcuni analisti temono definitiva.Il voto di domenica, ha avvertito su Hurriyet l'editorialista Yusuf Kanli, è "l'ultima uscita prima della dittatura". Sarà indubbiamente una sorta di referendum su Erdogan, il "grande uomo" per i suoi ammiratori, il "sultano" per i detrattori, che si considera ormai paragonabile solo ad Ataturk fra i leader turchi moderni. La sua popolarità rimane alta, ma il suo elettorato si è compattato su un nocciolo duro islamico. Il 60% dei suoi potenziali elettori considera l'islam essenziale, contro il 20% dieci anni fa, quando aveva l'appoggio anche di una parte dell'elettorato liberale e riformatore.Nonostante sia tenuto a una assoluta imparzialità da quando, nel 2014, è stato eletto presidente, erdogan ha fatto campagna a tambur battente per l'Akp, il Corano in mano, attaccando l'opposizione, soprattutto l'Hdp (appoggiato da "stampa internazionale, lobby armena e gay"). Se dovesse perdere la sua scommessa e il governo, per Erdogan potrebbe aprirsi una fase complicata. Potrebbero fra l'altro riemergere le accuse di corruzione messe a tacere con l'insabbiamento della Tangentopoli del Bosforo.