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Usa. Trump ha scelto: sarà Rubio il prossimo segretario di Stato

Luca Miele martedì 12 novembre 2024

Marco Rubio con il presidente eletto Usa Donald Trump

Il suo biglietto da visita: “Non sono dalla parte della Russia, ma sfortunatamente la realtà è che il modo in cui la guerra in Ucraina finirà è con un accordo negoziato”. Firmato Marco Rubio. Nonostante il presidente eletto Donald Trump sia noto per le svolte inattese e i cambiamenti repentini, sembra certo: sarà il senatore 53enne il prossimo segretario di Stato Usa, il primo latino a ricoprire la carica più alta della diplomazia a stelle e strisce.
Eletto in Senato nel 2011, Rubio è arrivato a un passo dalla candidatura a vicepresidente ma Trump, all’ultimo momento, gli ha preferito il senatore repubblicano dell'Ohio JD Vance. Come scrive la Reuters, “negli ultimi anni Rubio ha sostenuto una politica estera muscolosa rispetto agli avversari geopolitici dell'America, tra cui Cina, Iran e Cuba”. È stato uno dei 15 senatori repubblicani a votare contro il pacchetto di aiuti militari da 95 miliardi di dollari per l'Ucraina, approvato ad aprile.

Come leggere la nomina di Rubio? Che direzione potrebbe imprimere alla politica a stelle e strisce? "Questo è il momento in cui l'America Latina sarà maggiormente sulla mappa nella storia di qualsiasi presidenza degli Stati Uniti. È storico. Non c'è altro modo per dirlo", ha commentato alla Reuters Mauricio Claver-Carone, ex presidente della Banca interamericana di sviluppo ed ex assistente del Consiglio di sicurezza nazionale per l'America Latina nella prima amministrazione Trump. Quello che è certo è che la nuova amministrazione affronterà un mondo più volatile e pericoloso di quanto non fosse quando Trump entrò in carica nel 2017, “con guerre che infuriano in Ucraina e in Medio Oriente e una Cina che si allinea più strettamente con i nemici degli Stati Uniti, Russia e Iran”.
Proprio sul fronte asiatico potrebbe arrivare le posizioni più dure. E radicali. Rubio è considerato uno dei falchi più agguerriti in “area Cina” ed è stato sanzionato da Pechino nel 2020 per la sua posizione su Hong Kong in seguito alle proteste per la democrazia. Nel 2019 il senatore della Florida aveva chiesto al Dipartimento del Tesoro di avviare una revisione della sicurezza nazionale dell'acquisizione di Musical.ly da parte della popolare app di social media cinese TikTok. Lo scorso settembre il senatore ha pubblicato un rapporto intitolato "The World China Made: Made in China 2025 Nine Years Later", che passa al vaglio i successi e i fallimenti della politica industriale "Made in China 2025" della Cina comunista. È il seguito del rapporto di Rubio del 2019 intitolato "Made in China 2025 and the Future of American Industry". "Il Partito Comunista Cinese controlla la più grande base industriale del mondo. Attraverso furti, sussidi distorsivi del mercato e pianificazione strategica, Pechino ora è leader in molte delle industrie che determineranno la supremazia geopolitica nel 21° secolo. Questo rapporto dovrebbe servire da campanello d'allarme per legislatori, CEO e investitori. Abbiamo bisogno di uno sforzo dell'intera società per ricostruire il nostro Paese, superare la sfida della Cina e mantenere accesa la fiaccola della libertà per le generazioni a venire", ha sostenuto Rubio.

Nel suo passato politico, ci sono anche attriti con lo stesso Trump. Durante il precedente mandato del tycoon (2017-2021), Rubio ha co-sponsorizzato una legge per rendere più difficile per Trump il ritiro dalla Nato, richiedendo che due terzi del Senato ratificassero un eventuale disimpegno. Trump si è scagliato per anni contro i Paesi membri della Nato che non sono riusciti a raggiungere gli obiettivi concordati di spesa militare e durante la campagna ha avvertito che non solo si sarebbe rifiutato di difendere le nazioni "in ritardo" sui finanziamenti, ma avrebbe anche incoraggiato la Russia "a fare loro tutto quello che diavolo vogliono". Altra scelta resa nota oggi. La governatrice del South Dakota Kristi Noem sarà la prossima segretaria del Dipartimento per la sicurezza interna. Con la scelta di Noem, Trump si assicura un'altra fedelissima a capo di un'agenzia fondamentale.

Tom Homan ricoprirà il ruolo che fu di Kamala Harris - ANSA

Con il “tassello” Rubio, sembra così delinearsi sempre più chiaramente la squadra del presidente eletto. Dopo aver nominato la tecnica Susan Wiles chief of staff, prima donna a ricoprire questo incarico nella storia americana, il tycoon ha deciso di affiancarle una figura più ideologica, il suo ex consigliere Stephen Miller. Classe 1985, il funzionario è un fedelissimo di The Donald, artefice del famigerato 'bando sui musulmani' del 2016 e di altre misure drastiche contro gli immigrati. Considerato un estremista e un nazionalista bianco, Miller torna nell'amministrazione con un ruolo molto più prestigioso e con un maggiore potere di influenza soprattutto sulle politiche migratorie e il programma di deportazioni, la grande promessa della campagna del tycoon.
In questo senso, l'altra nomina fondamentale è stata quella di Tom Homan a “zar del confine”, ruolo che fu di Kamala Harris e sul quale la vice presidente si è giocata la presidenza. Ex poliziotto nello Stato di New York, ex agente della polizia di frontiera, il 62enne fu messo dall'amministrazione Obama alla guida del dipartimento deportazione dell'Ice, Immigration and Customs Enforcement. Con lui l'Agenzia ha effettuato un numero record di rimpatri e per ringraziarlo del lavoro svolto il presidente democratico gli conferì la più alta onorificenza per un funzionario federale, il Presidential Rank Award. All'inizio del primo mandato Trump promosse Homan a direttore dell'Ice e piano piano il funzionario è diventato una delle menti della politica della "tolleranza zero" che ha portato alla separazione di migliaia di bambini migranti dai loro genitori. I primi finiti in centri di accoglienza per minori, gli altri perseguiti per aver tentato di immigrare in modo illegale. Il falco ha lasciato l'Ice nel giugno 2018 ma non ha mai smesso di occuparsi di quei temi tanto che in un'intervista alla Cbs un mese fa aveva dato tutto il suo sostegno al piano di Trump per la più grande operazione di deportazione nella storia americana. In un'intervista a Fox News poche ore dopo la nuova nomina, Homan ha attaccato i sindaci democratici delle cosiddette "città santuario". "Sono santuari per i criminali", ha dichiarato, invitando le amministrazioni democratiche a "levarsi di mezzo, se non ci volete aiutare".

L'altra casella cruciale riempita dal presidente eletto è stata quella all'Onu con la nomina ad ambasciatrice della fedelissima Elise Stefanik. La 40enne, diventata nel 2014 la più giovane deputata eletta alla Camera, è stata presidente della conferenza repubblicana della Camera e ha fatto parte del Commissione per le forze armate della Camera e di quello ristretto sull'intelligence, ma non ha esperienza in politica estera. Fervida sostenitrice di Israele nella guerra a Gaza, ha avuto un ruolo di alto profilo nelle udienze del Congresso che hanno portato alle dimissioni di diversi rettori universitari per la loro gestione delle proteste nei campus.