Bilancio con molte ombre e qualche luce. Trump, l'anno vissuto pericolosamente
Non si può dire che in un anno alla Casa Bianca lavoro non ne abbia creato. Soprattutto per cronisti e commentatori, che ogni giorno hanno avuto solo l’imbarazzo della scelta. Dal tweet quotidiano scritto all’alba americana fino alle dichiarazioni di portavoce o collaboratori, smentite poco dopo dal presidente stesso, sempre con le maiuscole che contraddistinguono i suoi pensieri elettronici in poche decine di caratteri.
Donald J. Trump, bisogna ammetterlo, ha messo a segno diversi record. Primo fra tutti l’aver celebrato il primo 'compleanno' alla Casa Bianca con la sconfitta in Senato e la dichiarazione di 'shutdown', la progressiva paralisi amministrativa. E, come ogni bravo candidato, in campagna elettorale di promesse ne ha fatte tante, sempre tese a cancellare l’opera di chi lo aveva preceduto: Barack Obama. Ma finora una delle poche che è riuscito a mantenere è la riforma delle tasse la quale favorisce obiettivamente i ricchi e altrettanto obiettivamente ha di fatto innescato un virtuoso meccanismo redistributivo che contribuisce a creare posti di lavoro. Non senza nuovo debito pubblico... Per il resto, l’'America first', prima di tutto e di tutti, dei suoi discorsi più accorati resta ancora difficile da intravedere. Tra gaffe e smentite, prendiamo ad esempio la politica estera. Trump ha riacceso il principale focolaio di tensione in Medio Oriente, rendendo operativo il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele, con l’impegno di trasferirvi l’ambasciata di Washington. Con il dittatore nordcoreano Kim Jong-un è riuscito a innescare un’escalation verbale che promette ben poco di buono tra gli Stati Uniti e un Paese che possiede testate nucleari. Con l’Iran il capo della Casa Bianca sta tentando di annullare l’accordo raggiunto dal suo predecessore sullo sviluppo pacifico del programma atomico, sposando appieno le tesi, inascoltate per anni, di israeliani e sauditi. In Siria Trump ha alzato bandiera bianca con i russi, cambiando almeno quattro volte idea sulle sorte di Bashar el-Assad. Con Cuba sta tentando di fermare l’inevitabile eppure troppo rallentato processo di disgelo e innescato dal primo presidente afroamericano e dall’altro Castro, Raul. Sul clima, infine, ha deciso di 'ballare da solo', annunciando l’uscita dall’accordo di Parigi. E ci si potrebbe fermare qui. Senza nemmeno citare la chiusura ai migranti, l’espulsione dei 'Dreamer' che ha innescato la reazione dei democratici o i vari 'bandi' ai musulmani.