Mondo

La vicenda. Padre Maccalli: cosa sappiamo finora del suo rapimento in Niger

Redazione Internet lunedì 6 aprile 2020


Fu rapito un anno fa, nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018, il missionario italiano Pierluigi Maccalli, della Società delle Missioni Africane (SMA), attivo nella diocesi di Niamey in Niger.
Jihadisti forse provenienti dal Mali o dal Burkina Faso i suoi rapitori, ma sulla loro identità e scopi grava vi è ancora una cappa di dubbi e silenzio.
Originario della diocesi di Crema, già missionario in Costa d'Avorio per vari anni, padre Maccalli prestava la sua opera nella parrocchia di Bomoanga. Dedito all'evangelizzazione e alla promozione umana, si era speso anche per contrastare le pratiche cruente legate alle culture tradizionali, come la circoncisione e l'escissione delle donne.

Il sequestro avvenne una settimana dopo il suo rientro da un periodo di vacanze in Italia. La Missione di Bomoanga è presente dagli anni '90 con un impegno di promozione e sviluppo attraverso le sue "cellule di base" o CSD (Comité de Solidarité et Developpement) nei villaggi vicini, afflitti da povertà endemica, problemi di salute e igiene, analfabetismo diffuso e carenza di strutture.

Dal 18 settembre 2018, oltre alle indagini - finora vane - si sono succedute le preghiere pubbliche promosse dalla SMA spesso su base interreligiosa, cui hanno partecipato anche fedeli musulmani a testimonianza del generale apprezzamento per l'opera di padre Maccalli. "Nonostante il silenzio", riferisce l'Agenzia Fides, che ha seguito la vicenda con molta attenzione durante questo anno e mezzo, "familiari, confratelli amici del missionario sono in attesa e in continua preghiera per la sua liberazione".

Il missionario indiano John Arokiya Dass è stato l'ultimo ad averlo visto, prima del rapimento: "Il 7 settembre Gigi era rientrato a Niamey dalla vacanze in Italia e il 12 a Bomoanga dove, il giorno dopo, avevamo già programmato l'anno pastorale 2018-19. Domenica 16 settembre, di ritorno da una missione, io ho avuto una crisi di malaria e lui si è preso cura di me. Il 17 sera - ha proseguito padre John nella sua testimonianza resa a Fides - dopo aver celebrato la Messa è tornato per farmi mangiare. Mi ha chiesto di riposare ed è rientrato nella sua stanza. Intorno alle 21.30 ho sentito gente entrare nel nostro campus, urlando e ululando, ma ho pensato che fosse qualche posseduto portato da lui per la guarigione. Ho sentito Gigi che ripeteva 'sortez, sortez', dopo di che ho sentito degli spari. Poco dopo il nostro cuoco mi ha chiamato per dirmi che Gigi era stato rapito e mi ha chiesto di non uscire dalla mia stanza. Ho iniziato a chiamare per informare sull'accaduto, il giorno dopo mi è stato chiesto di stare in una delle case dei parrocchiani nel villaggio".

Nell'ultimo periodo gruppi di jihadisti o di estremisti islamici hanno organizzato attentati e rapimenti nel Nord del Niger, in Mali e Burkina Faso. Secondo il missionario padre Mauro Armanino, che svolge il suo servizio a Niamey, il Niger soffre di un "effetto contagio" dal Mali e dalle attività nigeriane di Boko Haram. Un clima di maggiore instabilità fomentato dall'aggravamento della situazione economica del Paese, che ha colpito agricoltori e allevatori mettendo a dura prova equilibri etnici e sociali.

Finora nessuno aveva rivendicato il sequestro o avanzato richieste per il rilascio di padre Maccalli, almeno fino alla prova del video di soli 24 secondi che è arrivata indirettamente ad Avvenire e dà prova che il missionario sarebbe è ancora vivo. Il gruppo jihadista che ha contattato indirettamente il nostro quotidiano non si è però identificato.

Assieme a padre Maccalli nel video anche Nicola Chiacchio, un altro connazionale che stava attraversando la zona per motivi turistici e di cui si sono perse le tracce.