Myanmar. L'Onu: incriminare i militari per genocidio contro i Rohingya
Avviare un'indagine sul capo dell'esercito del Myanmar (ex Birmania) e su altri vertici delle forze armate per "genocidio", "crimini contro l'umanità" e "crimini di guerra" commessi contro i musulmani Rohingya. È questa la richiesta della Missione Onu per l'accertamento dei fatti sul Myanmar, in un rapporto pubblicato oggi. Pur riconoscendo che le autorità civili avevano "poco margine di manovra", gli inquirenti Onu affermano anche che la leader birmana Aung San Suu Kyi "non ha utilizzato la sua posizione de facto di capo del governo, né la sua autorità morale, per contrastare o impedire il dipanarsi degli eventi nello Stato di Rakhine".
Precisamente la Missione Onu chiede al Consiglio di sicurezza di rivolgersi alla Corte penale internazionale o di stabilire un tribunale internazionale ad hoc e chiede sanzioni mirate contro i responsabili dei crimini, nonché un embargo sulle armi. Se il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha più volte chiesto al Myanmar di di fermare le operazioni militari e di consentire il ritorno in sicurezza dei Rohingya, le sue iniziative vengono bloccate dalla Cina, primo sostenitore del Myanmar e membro permanente del Consiglio Onu, quindi con diritto di veto.
Nel documento, gli esperti Onu puntano il dito contro Facebook in quanto "strumento utile per chi prova a diffondere l'odio": "Nonostante sia migliorata nel corso degli ultimi mesi, la risposta di Facebook è stata lenta e inefficace", sottolinea il documento, chiedendo un'indagine indipendente per accertare in che misura post e messaggi sul social network abbiano "portato a discriminazione e violenza nel mondo reale". Facebook, dal canto suo, poco dopo la diffusione del dossier ha bloccato la pagina del capo dell'esercito birmano e ha rimosso altre pagine legate alle forze armate.
VIDEOTESTIMONIANZA Rohingya, per oltre 700mila un anno da senza terra di Stefano Vecchia
Un anno fa cominciava l'esodo dei musulmani Rohingya dal Myanmar verso il Bangladesh: il 25 agosto 2017, quando posti di frontiera furono attaccati da ribelli Rohingya, l'esercito birmano rispose con una repressione senza eguali, cui seguì una fuga in massa. Fra agosto e dicembre del 2017, oltre 700mila musulmani Rohingya scapparono dal Myanmar, Paese a maggioranza buddista. E da allora vivono nel vicino Bangladesh in immensi accampamenti di fortuna. Le informazioni raccolte dalla Missione Onu suggeriscono che la stima di 10mila morti, fornita da Medici senza frontiere (Msf), è "prudente".
La Missione Onu per l'accertamento dei fatti sull Myanmar, creata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni unite a marzo del 2017, non è stata autorizzata a recarsi in Myanmar, e le sue conclusioni si basano sui colloqui avuti con 857 vittime e testimoni, oltre che sull'analisi di immagini satellitari, esaminando il periodo che va dal 2011 ai nostri giorni.
"I principali generali del Myanmar, compreso il comandante in capo Min Aung Hlaing, devono essere oggetto di indagine ed essere perseguiti per genocidio nel nord dello Stato di Rakhine, come pure per crimini contro l'umanità e crimini di guerra negli Stati di Rakhine, Kachin e Shan", è l'esortazione contenuta nel documento. Quanto ad Aung San Suu Kyi e alle autorità civili in generale la commissione di fact-finding afferma: "Niente indica che abbiano partecipato direttamente alla pianificazione o all'attuazione di operazioni di sicurezza o che abbiano fatto parte della struttura di comando", ma "con atti e omissioni le autorità civili hanno contribuito al fatto che venissero commessi crimini atroci". La Missione Onu ritiene che "ci sono informazioni sufficienti a giustificare il perseguimento degli alti responsabili della catena di comando" dell'esercito birmano e accusa anche polizia e gruppi armati di avere partecipato alle violenze. Lunga la lista dei crimini contro l'umanità contro i Rohingya che viene fornita: omicidi, incarcerazioni, sparizioni, torture, stupri, schiavitù sessuale, persecuzioni, oltre che sterminio e deportazione.