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Nicaragua. Chiusa l'Università Cattolica Giovanni Paolo II e soppressa la Caritas

I.Sol. giovedì 9 marzo 2023

In Nicaragua, le autorità hanno annullato la personalità giuridica della Caritas e confiscato due università di ispirazione cristiana, una delle quali appartenente all'episcopato nicaraguense.
I centri di studio confiscati sono l'Universidad Juan Pablo II e l'Universidad Cristiana Autónoma de Nicaragua. Il Ministero dell'Interno ha ordinato a questi atenei di consegnare al Consiglio Nazionale delle Università le informazioni sugli studenti, le iscrizioni e i registri accademici.

Da tempo nel Paese latinoamericano sono in atto gesti persecutori nei confronti della Chiesa cattolica per un presunto sostegno agli oppositori del governo Ortega


L'Universidad Juan Pablo II è un'istituzione della Conferenza episcopale del Nicaragua, che funziona come centro di istruzione superiore e offre formazione universitaria, universitaria e postuniversitaria. È stata fondata nel 1993 su iniziativa della Caritas.
Secondo la Gazzetta ufficiale, anche lo status giuridico di Caritas Nicaragua è stato cancellato: "Il 31 gennaio 2023, con l'atto 79 dell'Assemblea straordinaria dei membri di Caritas Nicaragua, questi hanno concordato lo scioglimento volontario e la liquidazione di tale organizzazione", si legge nel documento. Dal 2019, la Caritas in Nicaragua non può più ricevere aiuti internazionali e svolgere il suo lavoro sociale e pastorale.

Solo pochi giorni fa in un Rapporto l'Onu ha denunciato le continue violazioni dei diritti umani e la repressione delle libertà democratiche in Nicaragua: "La situazione dei diritti umani - si legge nel documento - ha continuato a deteriorarsi nei primi mesi del 2023” e “il governo sta commettendo diffuse violazioni dei diritti umani che costituiscono crimini contro l’umanità contro civili, politicamente motivati”.

Dalle Nazioni Unite la richiesta al governo Ortega di porre fine agli abusi e di rilasciare 37 persone "ancora arbitrariamente private della libertà" tra cui monsignor Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa, il cui stato di salute è sconosciuto. Il presule è stato condannato a 26 anni di carcere da un tribunale nicaraguense dopo essersi rifiutato di lasciare il Paese insieme ad altri sacerdoti e oppositori politici.

Va ricordato che monsignor Álvarez Lagos, vescovo della diocesi di Matagalpa, è il primo vescovo a essere arrestato e incriminato da quando il presidente Daniel Ortega è tornato al potere in Nicaragua nel 2007. Era stato prelevato dal palazzo vescovile all'alba il 19 agosto 2022 da agenti di polizia, assieme a sacerdoti, seminaristi e laici, dopo essere stato tenuto forzatamente rinchiuso per 15 giorni nella propria residenza con l’accusa di aver tentato di "organizzare gruppi violenti", presumibilmente "con l'obiettivo di destabilizzare lo Stato nicaraguense e attaccare le autorità costituzionali". Il vescovo era stato poi riportato dalla polizia in Curia, agli arresti domiciliari, mentre le altre persone erano state condotte in una caserma della polizia per accertamenti. In seguito è stato condannato a 26 anni di carcere.

Lo scorso ottobre il presidente Ortega ha avuto parole dure nei confronti della Chiesa cattolica, accusandola di non praticare la democrazia, di essere una "dittatura" e di aver usato "i vescovi in Nicaragua per organizzare un colpo di Stato" contro il suo governo, nel contesto delle manifestazioni scoppiate nell'aprile 2018 per le controverse riforme della sicurezza sociale. L’atto di forza perpetrato ai danni del vescovo e delle altre persone si inserisce in una serie di gesti persecutori nei confronti della Chiesa cattolica in Nicaragua accusata di sostenere gli oppositori del governo sandinista di Ortega. In precedenza il governo sandinista aveva espulso dal Paese il nunzio apostolico Waldemar Stanislaw Sommertag e 18 suore dell'ordine delle Missionarie della Carità, fondato da Madre Teresa di Calcutta. Inoltre, sono state chiuse nove stazioni radio cattoliche e rimossi tre canali cattolici dalla programmazione televisiva. Numerosi sono stati anche gli atti intimidatori come l’irruzione delle forze di polizia in una chiesa parrocchiale impedendo ai fedeli di ricevere l'Eucaristia, il divieto posto all'arcidiocesi di Managua di organizzare una processione con l'immagine pellegrina della Vergine di Fatima e altre processioni religiose. Fino alla recenti restrizioni amministrative e legali a cui sono state sottoposte la Caritas Nicaragua e le due università di ispirazione cristiana, una delle quali appartenente all'episcopato nicaraguense.



In seguito agli eventi, diverse Conferenze episcopali dell'America Latina, dei Caraibi e del resto del mondo, così come organizzazioni civili, avevano pubblicato comunicati e lettere di vicinanza e solidarietà alla Conferenza episcopale nicaraguense, in particolare per la situazione di monsignor Álvarez, e di condanna della crescente ostilità del governo nei confronti della Chiesa.

Anche papa Francesco prima all'Angelus di domenica 20 agosto aveva mostrato la sua preoccupazione per le condizioni in Nicaragua, per poi tornare lo scorso 12 febbraio sulla vicenda del vescovo di Matagalpa condannato a 26 anni. "Le notizie che giungono dal Nicaragua mi hanno addolorato non poco - aveva sottolineato papa Francesco in quella circostanza - e non posso qui non ricordare con preoccupazione il Vescovo di Matagalpa, Monsignor Rolando Álvarez, a cui voglio tanto bene, condannato a 26 anni di carcere, e anche le persone che sono state deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti quelli che soffrono in quella cara Nazione, e chiedo la vostra preghiera".