Brexit. Dopo la disfatta la May ottiene la fiducia e resta premier del Regno Unito
Theresa May è ancora in sella. A poco più di 24 ore dal voto che, respingendo l’accordo su Brexit negoziato con Bruxelles, ha segnato la sua disfatta come la più grave umiliazione mai subita da un premier in carica, May ha rispedito al mittente la mozione di sfiducia con cui il leader laburista Jeremy Corbyn ha cercato di farla fuori. Salvata da una maggioranza debole, retta solo su 19 voti di scarto (325 voti contrari, 306 favorevoli), la premier spera adesso di poter tirare un piccolo sospiro di sollievo e «finire il suo lavoro«.
La premier ribadisce che non intende chiedere una proroga del termine entro cui la Brexit debba compiersi (29 marzo). «Creerebbe incertezza», avverte. Eppure, il tempo è l’unica cosa che, al momento, la Gran Bretagna sembra poter ancora negoziare con l’Ue.
La strada verso Brexit, insomma, è ancora tutta in salita.
EDITORIALE Brexit, una partita cinica a spese dei cittadini di Andrea Lavazza
Il voto di ieri sera ha confermato che l’unica cosa al momento in grado di tenere insieme la maggioranza, compreso il gruppo degli Dup nordirlandesi, non è Brexit ma il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn. Il tentativo del socialista di sfiduciare il governo è stato puramente tattico: non avendo alcuna idea su come gestire l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Gli è andata male. Registrata la sconfitta, è riuscito appena a dire che è disposto a incontrare Theresa May per chiedergli di «togliere dal tavolo» qualunque ipotesi di divorzio “no deal”.
Nonostante Theresa May l’abbia ripetutamente esclusa, l’ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit torna intanto alla ribalta. Il deputato conservatore Dominic Grieve, ex ministro e capofila del drappello di dissidenti Tory europeisti, ha presentato ieri alla Camera dei Comuni una doppia proposta di legge necessaria a definirne il quadro normativo. L’iter di analisi della legge inizierà lunedì, ma è già chiaro a tutti che difficilmente potrà diventare effettiva senza il sostegno del governo e di una maggioranza trasversale. Anche se debole, qualche segnale, in tal senso, c’è. Oltre 80 sono i deputati laburisti che ieri hanno firmato una lettera chiedendo un secondo referendum sulla Brexit, portando così a 100 (su oltre 260) il totale dei favorevoli dichiarati nel loro gruppo. È da questi che arriva un appello diretto a Corbyn affinché sostenga inequivocabilmente la proposta di un secondo richiamo alla volontà popolare, da sempre considerata dal socialista come «un’opzione per il futuro» ma «non per oggi». Anche se alla fine il socialista dovesse cedere, il numero necessario a spingere la Gran Bretagna verso una nuova chiamata alle urne sarebbe al momento insufficiente.