L'indagine. La «fabbrica dei bambini» in Nigeria. Donne violentate per venderne i figli
Salvate 19 ragazze incinte e quattro bimbi che stavano per essere ceduti. Le vittime venivano attirate a Lagos con l’inganno e poi costrette a subire rapporti sessuali per renderle gravide. Due arresti.
La Nigeria è la prima economia africana ma la povertà resta molto diffusa, così come il traffico di esseri umani. La metà dei 190 milioni di abitanti vive in povertà estrema. Negli ultimi anni l’economia, prima basata solo sul petrolio, si è abbastanza diversificata, puntando su commercio, telecomunicazion i, tecnologia. Fondamentale resta la sfida della sicurezza, soprattutto al Nord, per la minaccia fondamentalista di Boko Haram.
Si vendevano bambini, al 14 di Adisa street, Lagos, Nigeria. «Cinquecentomila naire nigeriane (equivalenti a 1.270 euro) per un maschio, trecentomila per le femmine », ha riferito un agente. Questo era il tariffario della vergogna di questa «fabbrica di bambini». E anche se i dettagli di questa storia che ha dell’incredibile non sono ancora del tutto noti, lo choc nella capitale commerciale del più popoloso Stato africano è forte. Perché non solo i bambini si vendevano, ma li si concepiva apposta per ricavarne denaro, violentando povere donne che erano costrette con la forza a subire rapporti sessuali e a trascorrere l’intera gravidanza in alcuni appartamenti, guardate a vista.
Diciannove, ne sono state salvate dalla polizia, diciannove giovani incinte attirate fino a Lagos dalle zone rurali con il miraggio di un lavoro e rimaste vittime di un gruppo criminale. Con loro, gli agenti hanno messo in salvo da alcune case nella zona di Ikotun anche quattro bambini che sarebbero stati presto ceduti al primo acquirente.
Per ora la polizia ha arrestato due donne, Happiness Ukwuoma, di 40 anni, e Sherifat Ipeya, 54, lanciando una ricerca a tappeto per gli altri sospettati. Tra loro la principale sospetta è un’altra donna, “Madam” Oluchi, nativa di Mbano, nello stato nigeriano di Ino, madre di cinque figli. Le donne salvate, tutte di età compresa tra i 15 e i 28 anni, erano state vittime di tratta dagli stati di Rivers, Cross River, Akwa Ibom, Anambra, Abia e Imo. Trasferite a Lagos, stando a quanto riferito dall’agente di polizia Bala Elkana, venivano costrette a prostituirsi oppure a subire rapporti sessuali anche con diversi uomini con l’obiettivo di vendere poi i bambini così concepiti a potenziali compratori. Le due donne finora arrestate, originarie della zona di Lagos, operavano anche come «infermiere» anche se non avevano mai seguito alcuna formazione medica. In realtà il loro principale compito consisteva nel limitare i movimenti delle donne rimaste incinte, che venivano strettamente monitorate fino al parto.
Dopo la nascita, i bambini venivano trasferiti in alcuni appartamenti e qui venduti. Tra questi, l’appartamento al 14 di Adisa street, e poi altri in Owosho Street, Olugbeyohun Street e Anomo Street. A interrompere provvidenzialmente le attività del gruppo sono stati i dubbi dei vicini, che hanno avvisato gli agenti insospettiti dalla presenza di tutte quelle giovani incinte e, probabilmente, da qualche pianto dei neonati.
Ora, ha spiegato la polizia, le autorità, che già in passato hanno sgominato gruppi criminali simili, stanno lavorando con alcune agenzie governative e altri enti per prestare le cure necessarie, fisiche e psicologiche, alle vittime di questa tratta, che verranno aiutate a trovare al più presto una sistemazione adeguata.
Le indagini però continuano per arrivare a individuare gli altri ricercati e risalire anche all'identità di chi, attraverso il denaro, aveva pensato di poter comprare un figlio frutto di violenze e sopraffazioni.