Egitto. Il Daesh «firma» il massacro dei copti nel deserto
In preghiera sul luogo del massacro vicino Minya (Ansa/Ap)
A ventiquattr'ore dal massacro il Daesh ha rivendicato la strage di copti nel deserto egiziano. Lo sostiene Site, il sito di monitoraggio delle attività jihadiste sui social media e su Internet. La rivendicazione da parte del sedicente Stato islamico è avvenuta, come consuetudine su Amaq, il media di riferimento dei miliziani jihadisti online. Sull'agenzia di propaganda i jihadisti scrivono: "Un distaccamento di sicurezza ha condotto un attentato ieri a Mynia contro un autobus che trasportava copti". Le autorità governative hanno intanto abbassato a 29 vittime il tragico bilancio dell'attacco, mentre altre 13 persone sono ancora ricoverate. Fonti dei cristiani egiziani ieri avevano però parlato di 35 morti nel raid contro a tre pullman di cristiani avvenuto ieri mattina nell'ovest dell'Egitto. Le vittime sono pellegrini copti che erano diretti al monastero di Anba Samuel, sulla rotta desertica a ovest dell'Alto Egitto. Tra loro c'erano molte famiglie con bambini.
Il dolore di papa Francesco
«Profondamente addolorato per aver appreso del barbaro attacco in Egitto, delle tragiche morti e dei feriti che ha causato questo atto di odio insensato, papa Francesco esprime la sua solidarietà a tutti coloro che sono stati colpiti da questo violento oltraggio». E' quanto si legge in un telegramma al presidente Abdel al-Sisi che porta la firma del cardinale segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin. «Pensando in modo particolare a quei bambini che hanno perso la vita, Sua Santità affida le anime dei defunti alla misericordia di Dio. Assicura alle loro famiglie in lutto e a tutti coloro che sono stati feriti le sue preghiere e invoca la sua continua intercessione per la pace e la riconciliazione in tutta la nazione».
L'attacco è avvenuto alla vigilia del primo giorno del Ramadan, il mese sacro di preghiera e digiuno per gli islamici. Dar al Iftaa, l'autorità egiziana che emette gli editti religiosi (fatwa), ha però cancellato le celebrazioni previste per la vigilia dell'inizio del Ramadan, dopo l'attacco ai copti. Lo scrive il sito del quotidiano filogovernativo egiziano al Ahram, precisando che il Gran Mufti, Shawqi Allam, a capo di Dar al Iftaa, ha condannato la strage.
Le forze speciali egiziane hanno bloccato tutti punti d'ingresso e di uscita da Minya per impedire al commando di fuggire. Il presidente egiziano, Abdul Fattah al-Sisi, ha rafforzato lo stato di emergenza e ha convocato una riunione con i responsabili della Sicurezza. Poco dopo lo stesso presidente ha comunicato di avere "colpito i campi di addestramento dei terroristi". Non ha fornito ulteriori particolari, ma ha si è pubblicamente impegnato a colpire questi campi dove si preparano attacchi all'Egitto, ovunque siano. In seguito le forze armate hanno fatto sapere che l'aviazione del Cairo ha colpito obiettivi in Libia, a Darna, lungo la fascia di confine orientale libica. Secondo fonti militari, i bombardamenti sono proseguiti anche oggi. Il ministro degli Esteri, Sameh Shoukry, ha detto all'omologo Usa, Rex Tillerson, che i responsabili dell'attacco sono stati addestrati nei campi in Libia. Tale ipotesi, però, lascia perplessi molti esperti anche per la distanza con il luogo del massacro.
L'agguato di un commando
I tre bus, con a bordo una comitiva di una sessantina persone, si dirigevano al monastero di Anba Samuel (San Samuele), vicino alla città di Minya, nel cuore dell’Alto Egitto. Non sono riuscito, però, a raggiungere il luogo sacro, meta di pellegrinaggio storica della comunità copta. Un commando armato li ha intercettati e attaccati. Stando alla ricostruzione fornita dal ministero dell'Interno, 3 automezzi con uomini armati hanno raggiunto il pullman mitragliandolo di colpi.
Padre Antonio Gabriel, della chiesa copta San Mina e Papa Kirillos di Roma, i fondamentalisti, prima di colpire, sarebbero saliti a bordo del pullman, avrebbero rubato soldi e oro e, poi, avrebbero intimato ai copti di convertirsi all'islam. «Quando questi hanno rifiutato, li hanno massacrati mentre filmavano la strage», ha detto padre Antonio in un'intervista al Tg2000. Padre Rafic Greiche ha aggiunto: «E' una delle versioni circolata nelle ultime ore, tuttavia non possiamo confermarla al cento per cento. Altri testimoni hanno detto che i killer hanno separato gli uomini dalle donne e assassinato i primi. Alle seconde e ai bambini, invece, avrebbero sparato alle gambe. Alcuni piccoli sono stati uccisi. Sempre secondo fonti locali, gli agenti del vicino posto di blocco non sono intervenuti per bloccare i terroristi. Al contrario, i poliziotti hanno impedito il passaggio delle ambulanze per soccorrere i feriti.
Il dramma dei bambini
Sul sito di Watani, l’organo di stampa dei copti d’Egitto e della diaspora, è apparsa una foto che ritrae tre bambini visibilmente spaventati, con delle macchie di sangue sul corpo e sui vestiti. L’anba Agathon, vescovo copto di Maghagha, la diocesi in cui si trova il monastero di Anba Samuel, li abbraccia lanciando questo appello. “Si tratta – dice – di tre ragazzi scampati all’attentato, di cui non è stato possibile rintracciare i genitori”. In attesa di contatti da parte dei loro parenti, Bishoy Wasif, Fadi Azar e Amir Adel, della parrocchia N. S. di Bani Mazar, rimarranno nella sede vescovile.
I PRECEDENTI Gli attacchi ai copti in Egitto: una lunga scia di sangue
La strage della Domenica delle Palme
Per i cristiani copti, minoranza egiziana pari a circa il 10% della popolazione, questa è l'ennesima strage. Meno di due mesi fa, il 9 aprile scorso, due kamikaze si erano fatti esplodere in due chiese a Tanta e ad Alessandria, uccidendo 48 fedeli. Il 21 maggio la Procura del Cairo ha deciso di rinviare giudizio 48 sospetti jihadisti accusati della strage. Di questi, 31 sono in cella, il resto è latitante.
Il perché di questi attacchi
"L'attentato di oggi colpisce la comunità cristiana copta nell'esercizio della fede, esattamente come è accaduto prima di Natale e prima di Pasqua. Allora si sono attaccate le chiese nel corso delle celebrazioni della Santa Messa, oggi si attaccano dei fedeli impegnati in un pellegrinaggio". Lo afferma Alessandro Monteduro. direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) "I Cristiani in Egitto sono bersaglio dell'estremismo islamico non solo tuttavia per una ragione di odio per una Fede diversa da quella dei terroristi - aggiunge - ma anche perché accusati di aver contribuito in modo decisivo alla destituzione nel 2012 del presidente Morsi, leader dei Fratelli Musulmani, e anche di riflesso a delle scosse telluriche di assestamento che la disarticolazione bellica di Isis in Iraq e Siria sta provocando". Secondo Monteduro "i terroristi stanno scappando da Mosul in primis, trovando per ora rifugio e solidarietà tra jihadisti del posto, nel nord del Sinai e in alcune zone della Siria stessa".
Chi sono i cristiani copti d'Egitto
continuano attacchi e tensioni sono destinati a diminuire rapidamente: si tratta dei copti d'Egitto, la più importante minoranza del Paese dalle antichissime origini. I copti sono presenti in tutto il Paese e in tutte le categorie sociali, anche se loro si considerano fuori da alcuni settori come la giustizia, l'università o le forze dell'ordine.
I primi monaci copti vissero in Egitto nel IV secolo e la loro è stata una delle chiese a soffrire di più dall'avanzata islamica nel Nord Africa. Dopo il concilio Vaticano II, Chiesa cattolica e Chiesa copta hanno iniziato un cammino ecumenico di dialogo che ha portato nel 1973 al primo incontro - dopo quindici secoli - tra papa Paolo VI ed il patriarca dei copti, Shenuda III. Insieme decisero di iniziare un dialogo teologico, il cui frutto principale è stata la dichiarazione comune del 12 febbraio 1988. La maggior parte dei copti aderisce alla Chiesa ortodossa copta. Il resto del gruppo è spartito tra la Chiesa cattolica copta e varie confessioni cristiane protestanti.