Nicaragua. Bomba nella Cattedrale di Managua, la giornata di preghiera e di perdono
Un nicaraguense in chiesa durante la domenica di preghiera chiesta dai vescovi latinoamericani
Il Nicaragua ha pregato, domenica, per chiedere aiuto al Signore, dopo il grave attacco nella cattedrale della capitale Managua, nella notte di venerdì, contro il crocifisso “Sangue di Cristo”, una riproduzione del Calvario, arrivata in Nicaragua nel 1638, oggetto di una fortissima devozione popolare.
Anche papa Francesco, durante l’Angelus di ieri, ha dedicato un pensiero al Nicaragua. “Penso al popolo del Nicaragua”, ha detto il Pontefice, “che soffre per l’attentato alla cattedrale di Managua dove è stata molto danneggiata – quasi distrutta – l’immagine tanto venerata di Cristo che ha accompagnato e sostenuto, durante i secoli, la vita del popolo fedele. Cari fratelli nicaraguensi, vi sono vicino e prego per voi”.
Oltre a questo messaggio pubblico, il Papa ha mandato un messaggio autografo al cardinale Benes, arcivescovo di Managua: «Caro fratello, ti accompagno nel dolore per questo atto vandalico e sono vicino a te e al tuo popolo. Prego per tutti voi”: a darne lettura e a mostrarlo in video è stato lo stesso cardinale, durante la Messa presieduta ieri, 2 agosto, nella “Giornata di silenzio e preghiera” indetta dopo l’attentato perpetrato il 31 luglio contro la Cattedrale della città.
La domenica di preghiera e silenzio è stata indetta dal cardinale Josè Brenes, arcivescovo della capitale. E l’invito ai fedeli è stato rilanciato anche dal Consiglio episcopale latinoamericano, che ha esortato i fedeli a partecipare all’iniziativa. L’invito a pregare “come atto di riparazione per l’oltraggio, la mancanza di rispetto, il sacrilegio e la profanazione di Gesù nella sua reale presenza nel Santissimo Sacramento” arriva dopo che un uomo, con un berretto calato sul volto e le mani occultate dentro la camicia larga, è entrato, poco dopo le undici, nella cattedrale per scagliare una molotov contro il crocifisso “Sangue di Cristo” nella cappella ad esso dedicata, all’interno della Chiesa intitolata all’Immacolata Concezione.
Il crocifisso del Sangue di Cristo, distrutto dalla bomba - Reuters
Il cardinale Leopoldo Brenes a chiesto ai fedeli di perdonare l’autore dell’attentato spiegando che “questa azione malvagia ha ferito anche tutti noi, sacerdoti, religiosi e religiose, fedeli, uomini e donne di buona volontà”.
La Giornata di preghiera e silenzio è stata vissuta in tutte le chiese, le parrocchie e le cappelle dell’arcidiocesi, nonché in casa e sui social network. E’ stato proposto dai vescovi, infatti di restare in silenzio durante tutto il giorno. Oppure pregare davanti al Crocifisso. Digiunare o recitare il Rosario. Promuovere “la pace nei cuori per non cadere nella tentazione della provocazione e dell’odio”.
Intanto, alla Chiesa di Managua continuano a giungere messaggi di solidarietà da diverse parti del mondo, che si possono leggere anche nella pagina Facebook dell'arcidiocesi.
La Conferenza Episcopale del Nicaragua ha pubblicato un documento dove condanna l'atto terroristico: "La Chiesa sarà sempre rifiutata da coloro che non accettano la Verità. Fare uso della violenza per far tacere la voce profetica della Chiesa non significa che dobbiamo smettere di incoraggiare il nostro popolo a vivere la missione evangelizzatrice che lo stesso Cristo ci ha affidato". Anche Il vescovo ausiliare di Managua, mons. Silvio Báez, ha sottolineato che "gli atti di terrore non intimidiscono la Chiesa"
Lo stesso Consiglio episcopale latinoamericano, in una nota a firma di tutta la presidenza, ha scritto: “Ci uniamo in solidarietà con la Chiesa nicaraguense, che accompagna instancabilmente il suo popolo, nonostante i problemi strutturali dell'ordine economico e sociale, cui si aggiungono i rigori della pandemia da coronavirus e le avversità a cui resistono radicati nella fede, dalla quale attingono forza e speranza per superare le difficoltà, con un'esemplare dimostrazione di generosità e fratellanza".
“Condanniamo - continua la nota - questo e qualunque altro atto di sacrilegio o profanazione che attenti contro la vita spirituale dei fedeli e l’opera evangelizzatrice della Chiesa, specialmente in questi tempi difficili di pandemia in cui viviamo”, conclude la nota del Consiglio.